Tuesday, November 18, 2008

Sen. Villari resista, resista, resista

Le mille contraddizioni dell'attuale dirigenza Pd fanno sì che coloro che amano richiamarsi, su un piano esclusivamente bidimensionale e iconografico, al liberalismo anglosassone e alla tradizione democratica americana con mille etichette e slogan copiati dai partiti d'oltreoceano, poi siano i primi a invocare, come nel caso dell'elezione del Sen. Riccardo Villari a presidente della commissione di vigilanza del Senato, la grigia, tradizionale disciplina di partito (quel partito, il P.C.I.), molto nostrana e un po' staliniana. Il che preoccupa molte intelligenze democratiche, vedi il prof. Roberto Gualtieri.
Chi vuol far l'americano pensi alla flessibilità e alla libertà d'iniziativa su cui possono contare i singoli politici in quel sistema (lo ha detto Giuliano Ferrara in un rampante editoriale sul Foglio di ieri).

Wednesday, November 05, 2008

Oh-say-can-you-seeee

Alle tre del mattino, sfinito, mi sono addormentato. E ora, dieci minuti fa, la tv mi ha svegliato dolcemente. Cantava una grassa afroamericana, sul palco di Chicago, in un silenzio mistico, davanti a quelle centinaia di migliaia di persone. Oh-say-can-you-seeeeeeeeeeeeeee. Sullo schermo una sola parola, OBAMA in caratteri cubitali. La mappa rossa del GOP che si incrina un po', mentre affluiscono i voti.

Ragazzi, sono le sei del mattino e la storia passa anche per questa stanzetta. La musica si sfuma, ecco, ci siamo.

Tuesday, October 21, 2008

Fine della Nixonland?

In questa analisi pubblicata sulla rivista molto liberal e sinistrorsa The New Republic c'è sicuramente grande attesa e speranza per la vittoria di Obama, ma c'è anche un'analisi puntuale di come sta cambiando l'America. La grande questione è affrontata di petto: il paese che dal 1968 è abituato a pensare a se stesso come maggioritariamente conservatore, dove una vittoria repubblicana è sempre a portata di mano e dove viceversa i democratici per farcela hanno dovuto rincorrere la retorica avversaria, sta cambiando? E' già cambiato? Secondo l'articolo, assolutamente sì. Molto suggestivo, e forse veritiero. Ma sono solo ipotesi e trastulli finché non avremo l'ultimo voto nell'urna.

Friday, August 08, 2008

Care onorevoli, che vacanze banali

Ibiza, Formentera. Panarea. Zanzibar. Sardegna. Argentario. Sono alcune delle mete più gettonate dalle nostre onorevoli in vacanza, riportate con tanto di effimere dichiarazioni dal Corriere della Sera. Ma, come dire, non fanno notizia. Sono i luoghi di tutti noi, comuni mortali, con i nostri affetti privati, le nostre compagnie amicali, con fidanzati/e, o parenti vicini e lontani. Luoghi belli, divertenti, più che dignitosi, ma ai nostri rappresentanti in Parlamento si potrebbe chiedere qualcosa di più. Le migliori, nella lista, sembrano Elena Centemero, che farà come di consueto la crocerossina a Lourdes (ottimo, ma non è una vacanza), e Michaela Biancofiore, che sta girando l'America per scoprire "le istituzioni americane" (e andrà a "studiare la comunità Sioux"), comprese tappe obbligate a Beverly Hills e a qualche Mall per riempirsi le valige di acquisti.

Nessuna di queste sembra avere avuto l'estro e la creatività di una destinazione inconsueta, l'idea di unire vocazione vacanziera (cioè svago e riposo) e volto pubblico, anzi istituzionale. Penso ad un giro dei solenni monasteri himalayani di una nazione remota come il Bhutan; ad un viaggio attraverso i luoghi del rinnovato culto ortodosso russo, contraddittorio e feroce, dove i giovanissimi si sono fabbricati cento e mille nuovi martiri, compagni caduti nella loro crociata contro l'Islam; ad un tour marocchino che unisca il mare, il vento caldo dell'Atlante, la grande cucina e una riflessione su una società islamica certo contraddittoria ma non fondamentalista (magari, chissà, con la benedizione della combattiva Souad Sbai); ad una specie di Mid-west on the road, mezzo pop e mezzo istituzionale, Illinois, Indiana, West Virginia, tra covoni di grano e contatti parlamentari con la campagna di Obama e di McCain, per capire cosa c'è di nuovo in Usa '08; ad un pellegrinaggio irredentista tra coste dalmate (non croate) ed entroterra istriano, per insegnare ai nostri connazionali vacanzieri i nomi delle località adriatiche nel loro originale italiano/veneziano; o anche, perché no, a un giretto di piacere e di studio in qualche metropoli/interporto commerciale dell'immensa nazione indiana, in quei luoghi che i nostri operatori economici già battono da anni alla ricerca di mercati, accordi commerciali, idee e infrastrutture da importare.

Ma per me che in fondo sono un provincialotto e che l'unica volta che ho messo piede fuori d'Europa è stata per andare a vedere i grattacieli statunitensi, cartina in mano e naso all'insù, la lista di idee è povera e scarna e si ferma qui. Non do altri consigli tranne uno: fate un salto da una buona agenzia di viaggi, care onorevoli, armatevi di wikipedie e conoscenze parlamentari, chiamate il presidente di Confindustria della vostra provincia, il parroco del vostro quartiere, qualche diplomatico italiano nel mondo, uno scienziato, un geologo, un astronauta, un broker, che ne so. Puntate il dito sul mappamondo e partite alla ricerca di qualcosa che non sia l'ennesimo cocktail sulla spiaggia o le foto di un paparazzo mentre parlate al telefonino sul ponte di uno yacht. Questa critica non è moralista, i soldi se ci sono vanno spesi e allegramente consumati; è solo molto annoiata.

Avvertenza: lasciate a casa il sandalo zebrato, non vi servirà.

Sunday, July 27, 2008

Su su, fino in Padania

C'era una estate lontana, con il vento fresco di fine luglio e un lavoro finito così, un po' bruscamente, con una cafoneria gratuita gridata al telefono. Una via romana assolata, mattina, metto le valigie in macchina. La sera prima avevo salutato gli amici russi e Nicoletta, veronese. Avevamo mangiato una zuppa russa, il borsh, una specie di goulash con rape rosse e panna acida, che avevo guardato con estremo sospetto durante tutta la preparazione fino all'ultimo, al momento prima di mettermelo in bocca. Invece era buono. Ma conferma il mio pregiudizio culinario, che nell'Europa a est dell'Italia esistono solo due tipi di piatto: gyros/kebab a sud, sul Mediterraneo; e zuppe e spezzatini diluiti a nord, dove il freddo e la poca carne chiamano a un'economia delle risorse che però, devo ammettere, non si traduce per forza in cibo cattivo.

Comunque c'era questa estate lontana, e un viaggio in mezzo all'Italia da Roma verso il nord. Anziché la solita autostrada infinita e sfinente imbocco la via del mare, verso l'Argentario, puntando poi al Mugello, da Peppino, amico mio e fidanzato di mia cugina. Sono in Maremma, vedo la scritta "Capalbio" e penso a uno degli ultimi reportage di Umberto Pizzi, il fotografo di Dagospia che avevo salutato solo tre giorni prima a una conferenza stampa in Piazza di Pietra. Ricordo le foto dei vip in vacanza, al mare, in spiaggia. Ma Capalbio non sta in collina? ...e allora così, per sfizio, per perdere tempo, mi metto a cercare qualche lido, qualche spiaggia modaiola. Invece trovo solo Capalbio scalo, una stazioncina e tre casette, e poi la provinciale mi porta dritta ad Ansedonia, splendidamente arroccata su una collina a picco sul mare, piccolo trionfo di ville e lusso nel verde che casca pigro verso l'acqua. La strada scende di nuovo e sono in vista del tombolo della Feniglia, spiaggia conosciuta, dove ho già fatto il mare qualche altra volta. Con me ho un sacchettino con i resti del frigorifero, prelevati prima di partire per non lasciarli marcire in mia assenza: indivia, uova sode, e un coltello e del sale. Mi fermo a un droghiere, a Orbetello, e compro maionese e pane, facendomi un paio di panini improvvisati.

Estate italiana. Camicia di lino, sorridenti famiglie, aria calda e i rumori ritmici della natura nei campi. Il tempo si perde un poco, si distende e allarga le maglie, persino nelle mie giornate così rigorosamente programmate, e sembra fare posto a pensieri più intensi e remoti. Eccomi ora su una spiaggia, ora in un baretto ad un crocevia in mezzo alla Toscana, ora a Borgo San Lorenzo, con Peppino. La sera andiamo a vedere che succede alla festa locale di Liberazione: niente pienone, all'ingresso un cartello scritto a mano appeso su un gazebo deserto recita "dibattiti politici", con la stessa svogliatezza con cui potrebbe dire: "tiro a segno", oppure "nocciole caramellate", neanche offrisse un'attrazione, uno svago. Poi un tendone con un gruppo punk, e un grande hangar illuminato al neon che fa da spazio cultura, con libri e dvd, dove trionfa il bertinottismo, da Terzani alla Maraini, da Saviano alle guide turistiche chic. Risultato: la gente evidentemente preferiva il Che Fare, la libreria è semivuota. In fondo alla festa c'è l'unico vero divertimento ancora valido e nazionalpopolare, il ballo del liscio, con gli over 55 e qualche infiltrato. Suona una canzoncina da balera, "voglio vivere così, col sole in fronte", volteggiano le signore come manichini induriti, e i loro volti, come quelli degli accompagnatori, sono seri, determinati, tesi e compresi nell'esecuzione diligente dei passi.

Vola con me questa estate d'Italia che ho assaggiato velocemente tra mare e collina. Renato mi ha chiesto dove possiamo andare stavolta che lui viene su a trovarmi, questo agosto, e non ho saputo dirgli niente, perché il Veneto lo ha già visto in lungo in largo. Ma lo spettacolo desolato della festa di Liberazione mi ha dato un'idea.
Andremo alla festa della Padania (che significativamente prende posto a Schio): andremo alla festa della Lega, a mangiare la salsiccia!

Friday, July 18, 2008

Si torna ai campi, come nel medioevo, come nei 30s


Oggi sul Riformista c'è una bella intervista a Luca Zaia, ministro leghista all'agricoltura, a firma del bravissimo Fabrizio d'Esposito. Oltre alle varie tematiche contingenti e legate alle dinamiche del giorno, Zaia ad un certo punto fa una riflessione più generale e spiega: "nessuno immagina la svolta epocale che sta per maturare. Vede ci sono dei momenti storici in cui si verificano delle rotture. E adesso ne stiamo vivendo uno, di questi momenti". Addirittura? "Sì: i giovani vogliono ritornare alla terra, vogliono fare i contadini. Mi scrivono in tanti e io sto raccogliendo le loro lettere. Negli anni sessanta si fecero crescere i capelli per fare gli hippy, oggi riscoprono l'agricoltura. (...) Gli Italiani riscopriranno di essere un paese agricolo. Il futuro non è la City ma la terra".

Appunto anche questa riflessione, tutt'altro che banale e tutt'altro che azzardata, sul taccuino dei segni dei tempi. Come nel primissimo medioevo, come - più recentemente - nell'America spaventata e poi depressa dal fallimento della grande finanza degli anni '30, c'è una clamorosa inversione di tendenza. La città non è più la meta della modernità, e la modernità non è più il nostro orizzonte mentale, da un pezzo. Ma non lo è neanche il famigerato "postmoderno", etichetta effimera e omnicomprensiva che non serve a capire niente.

Terra, protezione, casa, famiglia; ancore gettate nel solido universo di riferimento della propria piccola patria in tempi oscuri. Per vincere di nuovo, anziché arrovellarsi su mille possibili rivolgimenti identitari, la sinistra potrebbe raccogliere questo impulso quasi rooseveltiano e volgersi ai semplici e agli umili, andare verso il popolo, come si dice. Ma i tempi che si preparano, come coglie giustamente Zaia, sono gravidi di enormi cambiamenti, da aspettare in modo quasi mistico; ché quello che vediamo ora è solo un piccolo assaggio di ciò che ci aspetta.

Thursday, July 10, 2008

Di Pietro si autodigerisce?

Quella di Piazza Navona è stata una manifestazione a carattere eminentemente digestivo. Sabina Guzzanti ha vomitato le solite cose dal palco, come una bambina seduta al tavolo con gli adulti che rutta, scorreggia, fa le boccacce, a cui nessuno ha mai detto di alzarsi e andare in camera sua. Stavolta ha cercato di espellere sul vicario di Cristo, ma diciamo con un eufemismo che gli schizzi non sfiorano la tonaca dell'ultimo dei servitori del Papa. Grillo ha vomitato telefonicamente, dagli altoparlanti. Ciascuno ha rigurgitato o ha espulso un po' del suo, così, tanto per fare qualcosa; per misurare, come fanno i bambini nella fase anale, l'entità della propria presenza in funzione dell'oggetto materiale che si produce.

Ma stavolta succede una cosa curiosa. Davanti al pasticciaccio brutto degli attacchi al Papa e a Napolitano gli esponenti dell'Italia dei Valori dicono: "lei (la Guzzanti) non è noi, ci dissociamo, parliamo d'altro". Sanno che il loro elettorato rurale e conservatore quelle cose sul Santo Padre non le digerisce. E' una questione di intolleranza alimentare. Salita sul palco, Sabina ha fatto più male che bene innanzitutto ai suoi compagni di piazza.

In questa manifestazione estiva e digestiva, così, si schiude uno dei segreti della medicina: quello dello stomaco che, pur pieno di succhi gastrici, non si autodigerisce. E perché mai la politica dovrebbe seguire le regole meravigliose e affascinanti, l'architettura portentosa del corpo umano? Così quei settori della politica che abitualmente fanno ricorso all'arma impropria del comico, del magistrato, del pubblico accusatore, stavolta fanno del male a se stessi. Si autodigeriscono.

Wednesday, July 09, 2008

Domani su Canale Italia

Come ai vecchi tempi. Domani mi trovate dalle 7 alle 8.30 su Canale Italia, nello spazio di informazione e approfondimento "Notizie Oggi", con la rassegna stampa del mattino condotta da Giuliana Lucca. Sarò in collegamento da Roma.

Monday, June 23, 2008

Cronaca ordinaria

E' scesa su queste lande una calura ostinata, piena, finalmente estiva. Così da ieri ho comprato un condizionatore. Si chiama Coolix e andiamo già d'accordo. Lui sta là fermo tra la scrivania e il televisore e sputa fuori vampate di sopravvivenza metropolitana, mentre io in un angolino cerco di concentrarmi su Conftrasporti, dottrina Truman e assemblea nazionale del Pd - non necessariamente in questo ordine. Oggi, per reagire gagliardamente all'arrembaggio dell'afa, siamo andati con Giacomo l'amico di Pavel verso il mare.

A Ostia era un trionfo di balnearità nazionalpop, il lido strapieno e proletario, fette di cocomero servite nei vecchi bar degli stabilimenti con le piastrelle verdognole e il listino prezzi fermo a fine anni Ottanta (ma una mano accorta vi aveva segnato le cifre del 2008). Roba da Tondelli insomma, ma senza l'estro e l'allegra follia della costiera romagnola. E' tutto più massificato e prevedibile. Abbiamo messo i piedi e le cosce in acqua come delle ranocchie che non si arrischiano a fare tutto il bagno.

Poi siamo andati verso Anzio, contemplando la sciatta distesa di cemento che compone il litorale romano da Ostia in giù, una malvagia rassegna di palazzine tristemente cubiche, così infinitamente squallide da far rimpiangere il nostro mare veneto cento e mille volte. Anzio poco interessante pure lei. Ritorno dolce e lento tra i serpentoni di traffico. Insomma: ordinaria, piccola cronaca dall'estate italiana, che questa sera è un po' più mesta per la partita che è andata così.

Wednesday, June 11, 2008

Usa 2008 / Davis, il nuovo Karl Rove?

Andate sul sito di John McCain e ci troverete una guida al voto, inusuale e combattiva. E' firmata da Rick Davis, lo stratega elettorale del candidato repubblicano. Se poi sarà il nuovo Karl Rove (il leggendario consigliere di George W Bush che gli ha fatto vincere due elezioni presidenziali più una legislativa di mid-term) lo dirà il tempo. Ma intanto la campagna presidenziale fa una sgommata in avanti.

Su Agenda Liberale è online un mio commento.

Thursday, May 22, 2008

La differenza italiana

Oggi, mentre scartabellavo certe proposte di legge, mi sono imbattuto in alcune ricerche condotte negli scorsi anni presso la classe medica italiana.

In sintesi: L’Italia è il Paese in cui si registra la maggior percentuale in assoluto di medici che rianimerebbero un bambino nato a 24 settimane di gestazione (Pediatrics, 2000), il Paese in cui si hanno le minori dichiarazioni di aver sospeso le cure ad un neonato (Lancet, 2000), il Paese - soprattutto - che presenta la più bassa percentuale di medici che ritengono che la vita con un handicap sia peggiore della morte (JAMA - Journal of the
American Medical Association, 2000).

Quando ci bastoniamo tra le gambe con il consueto complesso di inferiorità verso le nazioni "evolute" del Nord Europa, per il loro welfare, la loro amministrazione pubblica efficiente, il loro senso spiccato del politicamente corretto e della buona creanza - Francia, Scandinavia, Germania, Austria Inghilterra, da poco anche la Spagna - ricordiamoci questa differenza culturale italiana. E' la cifra della nostra umanità.

Friday, May 16, 2008

Verdi, rossi, cocomeri e pecorari

In Gran Bretagna va il "go green", in Italia i verdi sono (ancora) come i cocomeri. Su Agenda Liberale è online un mio articoletto allegro e disimpegnato, da leggere nel fine settimana. Buon fine settimana.

P.S. Per la Ludo: adesso non cominciare a invaderci di comunicati stampa!

Sunday, May 11, 2008

Coincidenze

E poi dicono che Caprotti e il suo Falce e Carrello parla solo per difendere le sue aziende e non dice la verità. Guardate questa mappa dei punti vendita Auchan (che ho trovato sul sito dei supermercati francesi in un pomeriggio uggioso per sapere se l'ipermercato di Casalbertone era aperto la domenica):




...dove le regioni grigie sono quelle dove Auchan è presente, e quelle bianche dove, chissà perché, Auchan non ha neanche un punto vendita. Notate niente, un po' più in su del Lazio, un po' più in giù della Lombardia?

Thursday, May 08, 2008

Nuovo governo. E' un esapartito Dc-Psi-Pci-Msi-Pr-Lega


Sto guardando, non senza qualche brividino istituzionale, il giuramento dei ministri al Quirinale. Giochicchiando con le appartenenze originarie, primorepubblicane, dei componenti del nuovo Governo Berlusconi, viene fuori questo quadro variegato, allegramente eterogeneo, spudoratamente trasversale.

Quattro ministri PSI (Frattini, Tremonti, Sacconi, Brunetta); quattro MSI (La Russa, Meloni, Matteoli, Ronchi); quattro Lega (Maroni, Bossi, Zaia, Calderoli); tre DC (Scajola, Fitto, Rotondi); uno del PCI (Bondi); uno radicale: Vito.

I quattro giovanissimi Alfano, Carfagna, Prestigiacomo, Gelmini chiamiamoli semplicemente berlusconiani.

Wednesday, April 30, 2008

Ma Roma (non) cadrà


Ieri ho ascoltato le motivazioni e le autodiagnosi di alcuni amici della sinistra institutional, cioè del Pd, per la disfatta romana. E' cominciato il processo a Rutelli, era cominciato ancor prima del voto, quando dicevo "sì però un po' per Rutelli mi dispiacerà", e quelli mi rispondevano: a me per niente, se ti piace Rutelli ti piace il Papa".

E' cominciata questa assurda e noiosa resa dei conti, un po' stalinista nella misura in cui si appunta tutta sulle persone, sui loro profili biografici; che non porta mai a niente perché non fa i conti con i fondamentali. E per fondamentali, ecco cosa intendo:

" LEGHISTI FASCISTI AFFARISTI, GLI AMICI DI ALEMANNO SONO ALLE PORTE. MA ROMA NON CADRA'! "

Stava scritto sui manifesti a due giorni dal voto, zona Tor Pignattara. Ne ho visti alcuni mentre ondeggiavo in un autobus stracolmo.

Tanti auguri per un voto del XXI secolo!

Friday, April 25, 2008

La "patologia" dei democrats

Nelle primarie in Pennsylvania Hillary ha vinto molto bene, anche meglio degli exit-poll che le davano 3-4 punti di vantaggio sul rivale. C'è una storia ormai tormentata in questo voto democratico 2008, il senso di una competizione senza fine, ribadito puntualmente dai titoli degli editoriali e dei commenti: "problemi" in casa demoratica, "disperazione", "incubo", anche "storia infinita", come titolava oggi il Foglio.

Toni claustrofobici, forse perché la sfida interna ai democratici sta andando oltre alla semplice gara sui programmi e sulle personalità dei leader. Quella in cui si trovano i democratici è una vera patologia del non decidere, del non decidersi: di fronte alla difficile sfida di ottobre, e al rischio di una terza batosta elettorale, la sinistra americana sembra paralizzata dalla paura di dire la sua, in modo definitivo.

Così i democratici giocano a dividersi, a spaccarsi in due come una mela. Si stanno già facendo molto male. Possono uscire dalla spirale accontentandosi delle qualità di uno dei due candidati, che sono entrambi piuttosto forti; e soprattutto, pensandosi finalmente un po' più "in grande", e cioè in quel ruolo di vera guida della nazione, che - pur nei mille difetti - i repubblicani non esitano invece da quasi trent'anni a sposare senza troppi complessi e timidezze.

Tuesday, April 22, 2008

Usa 2008, donazioni verso il miliardo di dollari

I numeri impressionanti della partecipazione alle primarie. Lo “strano profilo” di John McCain, la “strana strategia” dei repubblicani nella corsa alla Casa Bianca. I rischi di Hillary e quelli di Obama. Il timore crescente dei democratici di restare senza un candidato fino a giugno. I tasselli che rendono USA 2008 una delle competizioni più imprevedibili degli ultimi anni sono tutti ai loro posti.

Vedi il mio articolo online su Agenda Liberale, la rivista internet del Centro Einaudi.

Primarie in Pennsylvania. Cos'è la Pennsylvania?

Oggi ci sono le primarie in Pennsylvania, dai toni particolarmente acuti perché si ha l'impressione che se Hillary perde qui, non vincerà più. Sul Washington Post c'è una bella mappa sociopolitica dello stato, con tante bolle e aree recintate e altrettanti approfondimenti su come votano gli elettori. Roba che nessun giornale italiano si è mai lontanamente sognata di fare con la famigerata pedemontana... ma non importa.

La Pennsylvania vota, ed è uno stato bizzarro, con un'identità divisa, geograficamente in transizione. Molto diversa da stati compatti come Massachusetts e Maryland, ad esempio. All'estremo est c'è Philadelphia, "Philly", città della rivoluzione americana, colta, illuminista, compassata, atlantica insomma; e siamo ancora dentro alla grande conurbazione del Nordest, che comincia da Boston e finisce a Washington. Se invece ci si addentra nel cuore dello stato, è tutta un'altra storia, quella dell'America industriale e rurale, che culmina con Pittsburgh, ed è già Midwest, è già entroterra. Penso alla Pennsylvania Polka, al giorno della marmotta, e così via.

Me lo aveva detto già Kevin, un amico americano che studiava a Boston ma veniva da Macungie, contea a meno di cento chilometri da New York e Philadelphia: "io sono della parte civilizzata della Pennsylvania... io non sono uno di quei morons dell'ovest". Per chi non lo sapesse, morons vuol dire bifolchi.

Wednesday, April 16, 2008

Chiara. Ritratto di una neo-leghista

Chiara ha votato Lega. Ha diciannove anni e abita a Milano, in una via centrale, vicino alla cintura delle circonvallazioni. E' stato il suo primo voto. A Chiara piace la musica, ne ascolta moltissima, tranne jazz e classica che un po' le mettono noia e un po' tristezza. Rock, metal, punk, e altri generi che io spesso ingiustamente confondo tra loro, solo perché non li ascolto. Poi suona, la batteria, da qualche anno. A Chiara ho chiesto se le piace la poesia, mi ha risposto che no, la poesia la annoia. Non è vero. Chiara vive di poesia metropolitana, che si accende sulle parole fluide e sintetiche e dell'inglese, "I'm a stargazer", ha scritto come proprio profilo su Msn, "sono una contemplatrice di stelle". In fondo, non è così lontano da quel "Lately I found myself out gazing at stars" di Chet Baker che piace a me.
Chiara ha fatto le medie e il liceo linguistico al Colonna, in pieno centro. Ha passato cinque, otto anni a sbuffare degli amichetti pretenziosi e sancarlini, e un giorno ha trovato una canzoncina americana, "high school never ends", che dice le stesse cose che ha sempre detto lei: il mondo continuerà ad essere pieno di montati e di figli di papà, bisogna imparare a scansarli. I suoi sono due professionisti con un reddito medio, molto benestanti nei tardi anni Ottanta, diciamo fino al crinale del 1992 e della svalutazione della lira; poi, come tutti noi, sempre più schiacciati dal peso di uno Stato invadente e inefficiente. Ora sono due esponenti della nostra sconfinata "classe media".

Chiara ha una vita de-ideologica. Non legge giornali se non una volta ogni tanto. Ascolta i telegiornali ma non troppo. Ignora la politica con uno sbuffo e un sopracciglio inarcato. Ricorda della cultura scolastica solo quello che le interessa, il resto lo evita, ma non è un'ignorante. Conosce tre lingue bene, di cui una, l'inglese, molto bene, fino alle sfumature, fino ai termini dello slang; e altre due un po' a tentoni. Ha viaggiato, è stata in quasi tutta Europa e in molti posti del mondo, riportandovi ogni volta le proprie impressioni così estremamente soggettive ed eclettiche da restare confinate in un variopinto album dei ricordi, senza pretese, senza sociologia: "Parigi non mi piace perché puzza". "Ad Amsterdam le biciclette ti tirano sotto". "Delle Mauritius ricordo solo i temporali e la camera d'albergo".
Sotto le finestre di casa di Chiara, la notte, si affollano i viados e i loro affamati acquirenti, e soprattutto una piccola ma folta criminalità notturna legata allo spaccio di droga. Lei li guarda dal balcone, buttando un occhio al di là delle piante della mamma, e poi ancor più sotto, oltre gli alberi della via. Si sfiora il naso con il polso sottile, i bracciali argentati che le tintinnano un poco. "Una volta non c'erano, quelli. Non sono aggressivi ma per me che torno la sera in motorino dalle prove di batteria non è un piacere trovarmeli sul marciapiedi. E poi sai...". Certo. Non si sa mai. Qualcuno di quel giro potrebbe metterle gli occhi addosso, e poi le mani, a lei che è bella ed esile, coi suoi lunghi capelli scuri e la pelle delicata. Anche a questo ha pensato Chiara quando nell'urna ha dato il suo voto alla Lega.

Quanto ha in comune questa giovanissima, e mille come lei, con la cultura repubblicana del dogma costituzionale, con gli appelli antifascisti, con la storia tormentata della prima repubblica, e poi con l'antiberlusconismo, con la retorica del conflitto d'interessi, con i turbamenti e gli esperimenti del cattolicesimo democratico? Niente, niente, niente. Allora vuol dire che Chiara è una di destra? No, no, no. Lei rifiuta ogni cultura politica novecentesca, anzi quasi ignora che cosa sia stato il Novecento, in termini di deposito politico e ideologico. E' indifferente anche a Berlusconi, "non sapevo neanche che la Lega fosse collegata a lui", mi ha detto dopo aver votato. Per lei la politica semplicemente non ha nulla di sacrale. E' una necessaria amministrazione della cosa pubblica, da farsi in modo silenzioso e indolore. Non desidera doversene preoccupare. Non capisce le ragioni per cui io e tanti come me ci accapigliamo dietro alla passione politica, le sembrano cose lontane dalla vita reale, fatta di amore, rabbia, gioia, disperazione, entusiasmo, scoramento, allegria, seduzione, follia. Chiara vive di emozioni, quasi atomizzata in questa contemporanea chiusura e apertura al mondo. Sempre sul suo profilo Msn, leggo "smooth as silk, cool as air... blue as ice and desire". E' quello che Chiara è, fatta di acqua, trasparente, luminosa.

Chiara ha votato portandosi dietro i suoi valori. Verità, sincerità, schiettezza, semplicità, coerenza. Qualcosa di immediato, istintivo, non razionale ma molto logico, le ha detto che erano gli stessi della Lega. Forse oltre a Bossi non saprebbe citare il nome di un solo leader leghista, ma non ha alcuna importanza. Il suo voto è americano, molto leggero, davvero libero, ma non incosciente.

Chiara ha votato Lega, ed è solo una delle tante cose che ha fatto il 13 aprile 2008. Un paio di ore dopo qualcuno l'ha vista baciarsi col suo fidanzato, di due anni più vecchio, sul sellino del motorino. Ecco, quello per Chiara è molto più importante.

Fine del ricatto democristiano?

Ora che i dati della composizione del Senato si sono precisati, ci terrei a sottolineare un elemento di assoluta novità nella storia repubblicana, che finora i giornali hanno quasi ignorato. E' la fine del potenziale "ricatto" democristiano sulla maggioranza.

I democristiani hanno sempre esercitato un ruolo-chiave nel parlamento. Prima, per la loro forza numerica: erano il primo partito italiano. Ma anche dopo il 1992-93, quando la DC scompare: le maggioranze della seconda repubblica sono state sempre condizionate, per la loro esiguità numerica, in almeno una delle due camere, dal numero determinante delle varie diaspore democristiane. Anche nel 2001, quando la vittoria netta di Berlusconi si portava dietro, al Senato, la consistente pattuglia dei 30 senatori UDC. Per non parlare dei rapporti tra Udeur e maggioranza prodiana negli ultimi due anni, finiti come sappiamo.

Da oggi non è più così. La maggioranza ampia di cui dispone Berlusconi al Senato (174 seggi) non è in alcun modo determinata da gruppi democristiani, al massimo da singoli esponenti che non sono più tali dal 1994, quando confluirono in Forza Italia. Questa è una vera, grossa novità (che dobbiamo a questa legge elettorale così tanto criticata negli ultimi anni), e per quanto mi riguarda devo confessare che non mi dispiace granché.

Monday, April 14, 2008

Bertinotti e Boselli. Elogio di due riformisti

E' andato in video poco fa, Bertinotti. Aveva gli occhi lucidi quando parlava con il portamento e l'eloquio del gentiluomo colto che è. Ha ammesso il tracollo, il disastroso esito del suo progetto elettorale sostanzialmente riformista. Poi ha annunciato le dimissioni.

Mi mancherà. E non solo per quella retorica un po' grossolana che girava a destra, quella del cachemire e della erre moscia e degli occhiali nel taschino. Bertinotti era di più, era un sindacalista che veniva dal PSI delle lotte operaie e del confronto con il radicalismo extraparlamentare, abituato a moderare gli estremi e le estreme, a governare la ribellione. Era un vero riformista, che dava un volto presentabile e dignitoso a un partito impresentabile, un bravo ideologo che doveva avere a che fare con quella massa di elettori che tutti i giorni riceve la verità dal Manifesto, e ho detto tutto. La sua uscita di scena apre prospettive un po' cupe, già le varie sinistre critiche crescono e si rafforzano: che fine faranno i voti noglobal che ora sono estromessi dal Parlamento, esclusi dal sistema come forse volevano, con tutta la loro rabbia e il loro acido risentimento? Personalmente ora spero in Niki Vendola. Ma non mi faccio illusioni.

Un pensiero anche a Enrico Boselli, mite, educato, quasi timido; che aveva fatto una campagna bella e pulita anche per uno un po' teocon come me; che aveva avuto il coraggio di portare avanti la rosa del socialismo, che significa qualcosa di più e di meglio degli ulivi e delle margherite. Espulso dal sistema politico, anche lui stava quasi commosso davanti ai microfoni, e alla domanda "si dimetterà ora?" ha risposto, asciutto: "sì, credo proprio che mi dimetterò". Un brivido giù per la schiena mentre guardavo la tv. Onore ai riformisti e in bocca al lupo.

Il grido disperato del Nord

Proiezioni e dati parziali Senato.

Veneto: Lega Nord 26,6%
Lombardia: Lega Nord 18,7%
Piemonte: Lega Nord 11,7%
Friuli Venezia Giulia: Lega Nord 13%
Emilia Romagna: Lega Nord 8,5%
Liguria: Lega Nord 6,5%

Questa è la questione settentrionale nel ventunesimo secolo.

Stasera su Canale Italia


Questa sera a partire dalle 23 interverrò telefonicamente alla trasmissione di approfondimento elettorale di Canale Italia, condotta da Luigi Bacialli, per commentare il voto a Cortina d'Ampezzo e nel Nordest.

Intanto arrivano i primi exit-poll che sembrano confermare l'impennata della Lega e il modesto risultato della Sinistra Arcobaleno, dati previsti correttamente su questo blog poche ore fa.

Il voto cala ma soprattutto in certe zone

Abbozziamo un'analisi. Alle 22, l'affluenza è in calo del 4,0% come media nazionale rispetto al 2006 (dal 66,5% al 62,5%). Presumibilmente andiamo verso un calo finale del 5-6%, cioè un'affluenza intorno al 78% (contro l'83,6% del 2006).

Il calo è più vistoso nelle regioni centrali e nordoccidentali: Piemonte -4,8, Liguria addirittura -6,0, Emilia Romagna -4,9, Toscana -4,7, Umbria -4,0, Marche -4,8, Lazio -5,1, Abruzzo -4,3, Sardegna -5,5. Meno accentuato, invece, nel lombardo-veneto (Lombardia -3,1, Veneto -4,0), dove a uno sguardo veloce mi sembra che cali poco nella fascia pedemontana (Treviso, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, Monza, Milano, Sondrio) mentre l'affluenza scende maggiormente nella "bassa", da Rovigo a Venezia a Cremona e Mantova. Crolla in Friuli Venezia Giulia (-5,4), ma soprattutto a Gorizia e Trieste, meno a Udine e Pordenone.

Calo nettamente più contenuto della media nazionale anche al centro-sud (Campania -3,6, Puglia -3,4, ma non in Calabria e Basilicata, dove invece siamo intorno al -5%) e in Sicilia, che tiene molto bene, anzi quasi non subisce una diminuzione significativa (-1,2%).

Qualsiasi genere di previsione è puro azzardo, quasi astrologia; ma se i dati dovessero essere confermati alle 15 di lunedì, sembra mancare maggiormente il voto nelle aree dove è forte la sinistra antagonista, e tenere maggiormente nelle zone leghiste del nord, e in quelle più moderate del centrosud. Questo è il quadro che vedo io, la mia lettura degli astri, e mi sono già esposto fin troppo.

Friday, April 11, 2008

Ho visto Juno

In un cinema bellissimo sulla Salaria, coi lampadari e le poltroncine di una volta (un po' scomode, ma non importa). Film bello con musiche bellissime. Storia della giovinezza e della vita che si fa largo con la sua irruenza e la sua felice inconsapevolezza. Sulle porte a vetri del cinematografo c'erano i tuorli e gli albumi lanciati dai soliti, nel pomeriggio, ai malcapitati che andavano a vedere il film. Qualche ora prima si era tenuta là la chiusura della campagna elettorale della lista pazza, presente Giuliano.

Un film prudente e affettuoso, leggero ma non superficiale, morale ma non moralista. C'è sempre un fiore che sorge nel pattume degli American Psycho e del distruttivismo sociale. Andate e vedetelo e moltiplicatevi.

Wednesday, April 09, 2008

Identità sudtirolese

Ho aggiunto il link a un sito di un ex compagno di classe, Matteo Pozzi. Matteo fa politica adesso, con la Lega. L'avevo lasciato che discuteva coi miei compagni (e con me) di Oriana, delle elezioni, dell'America e dell'Islam... Matteo non ha rinnegato le sue passioni, e infatti sul suo sito un bel riferimento alla Fallaci, alle sottomissioni al fanatismo, alla guerra al fondamentalismo islamico c'è ancora. Ma il sito racconta qualcos'altro, è un atto d'amore per una terra, l'Alto Adige, che Matteo ha adottato integralmente, da bolognese che era: "il mio Südtirol... non vedo l'ora di tornare fra i monti", scrive. Scherzando, quando l'ho visto in televisione raccontare la sua storia, ho detto che mi sembrava una pazzia lasciare tortellini lasagne e passatelli per quei boschi abitati da gente che a noi Italiani non ci ha mai troppo amati; ma queste sono mie provocazioni, e le vicende e i percorsi degli altri seguono dinamiche estranee alle nostre idee personali. Vedremo cosa farà Matteo, che ha appena cominciato, di questa sua nuova militanza che coincide anche un po', forse, con una nuova identità. Intanto, in bocca al lupo.

Tuesday, April 08, 2008

San Lorenzo

“Fratello, tra un quarto d’ora in piazza a San Lorenzo”. Un sms e stasera si esce con Vanni, con gli strani personaggi suburbani che si porta dietro, con la sua ragazza molisana, Vincenza, che ride e piange con la grazia luminosa di una madonnina del meridione. Quando esco di casa il garzone del bar/chiesa/sala raduni/pizzeria della comunità filippina che ha preso sede accanto al mio portone ha tirato fuori una seggiola e si è seduto a fumare, contemplando la piccola strada angusta, i suoi spazi sordi e grigi. Dalla Prenestina arrivano attutiti i rumori delle automobili in coda. Salto in macchina. Questa sera la fidanzata di Vanni piange e ride più del solito, nel pieno di una sbornia malinconica ha ritrovato il suo ex: lei lo tradì col suo migliore amico, un errore, sì, ma crudele, infame, e così con la schiena curva sotto il peso del senso di colpa la ragazza ascolta i rimbrotti e le amarezze di lui, gridati nel mezzo di un locale di San Lorenzo. Vanni intanto balla, agitando la testa e con essa i folti capelli, gli occhi quasi chiusi, i gomiti puntati avanti e indietro e poi in fuori e in dentro, mimando movimenti e gesti con la serietà di chi fa una cosa per sé, di chi porta avanti un compito, un ruolo esistenziale. Vanni balla da solo; e anche se vive in mezzo alle cose, in mezzo a Roma, in mezzo alla strada, quel ragazzo alto e prestante, con la vocina un po’ stridula che sembra quella di un altro, ha trovato il suo orwelliano ventre della balena, la sua insofferente estraneità al mondo. Un modo di schivare i macigni che stanno sulla via, o se vogliamo di calciare lontano certe domande troppo pesanti che ci ronzano intorno appena cominciamo a crescere, e quindi a soffrire.

Vanni balla da solo, e così blandisce la mia solita timidezza, quella che mi porta a buttarmi in pista sempre per ultimo, allora stavolta ballo anche io un po’ in solitaria, sbronzo come sono, brandendo la Ceres come lo scettro mistico di uno sciamano. Lì vicino c’è Tobias, un amico loro, gay, molto gentile, mezzo brasiliano e mezzo tedesco, mezzo esteta e mezzo nazista. Vanni mi ha raccontato di quella volta che mentre stavano con alcuni amici toscani tutti rossi e filopartigiani Tobias da ubriaco fece il suo doppio outing, lasciandoli muti e sconvolti: “viva Hitler, abbasso gli Italiani traditori del popolo tedesco, e comunque a me piacciono i maschi!”. Un appello assurdo, grottesco, e insieme serissimo, disperato, come forse solo un finocchio può fare. Ora sta là al banco, mite e divertito, pilucca qualcosa, dei salatini, mentre gli occhialetti traballanti gli pendono sul naso leggermente adunco. Da un anno e passa lavora in Italia, a Roma, “l’unica capitale europea dove potrei vivere tutta la vita”, dice. Prima ci avevo parlato un po’, scoprendo che conosce Cortina, e passi, ma che anche Bassano, Schio, Trieste non gli sono estranei. Ama l’Italia e la sua letteratura, anche quell’Aldo Busi che avevo incontrato nel pomeriggio sul 492, mentre parlava cafone al telefonino, a tutto volume. “E’ una checca isterica, Aldo Busi”, dice Tobias.

Vanni continua a ballare, ma ora Vincenza singhiozza, il suo ex deve averle detto qualcosa di brutto. Ce ne andiamo. Poi scopriremo che le ha fatto dei ricatti morali un po’ meschini, ma Vanni è severo, “adesso piange sulle stronzate che ha fatto lei stessa”, dice mentre ci incamminiamo sulla via di San Lorenzo, Vincenza poco più indietro che si fa consolare da Tobias. “Perché sai, io sono tanto sensibile...”, la sento dire. “Io no, a me piace il buco”, risponde Tobias con ammirevole onestà.
Pezzi scombinati e quasi surreali di una notte di primavera a Roma, che si compongono e scompongono con allegra casualità, che salgono liberi verso il buio, mentre il mondo di fuori è remoto e dimenticato.

Sunday, April 06, 2008

Who reads what

1. The Wall Street Journal is read by the people who run the country.

2. The Washington Post is read by people who think they run the country.

3. The New York Times is read by people who think they should run the country.

4. USA Today is read by people who think they ought to run the country but don't really understand the Washington Post. They do, however, like their statistics shown in pie chart format.

5. The Los Angeles Times is read by people who wouldn't mind running the country, if they could spare the time, and if they didn't have to leave LA to do it.

6. The Boston Globe is read by people whose parents used to run the country and they did a far superior job of it, thank you very much.

7. The New York Daily News is read by people who aren't too sure who's running the country, and don't really care as long as they can get a seat on the train.

8. The New York Post is read by people who don't care who's running the country, as long as they do something really scandalous, preferably while intoxicated.

9. The San Francisco Chronicle is read by people who aren't sure there is a country or that anyone is running it; but whoever it is, they oppose all that they stand for. There are occasional exceptions if the leaders are handicapped minority feminist atheist dwarfs, who also happen to be illegal aliens from ANY country or galaxy as long as they are Democrats.

10. The Miami Herald is read by people who are running another country but need the baseball scores.

11. The National Enquirer is read by people trapped in line at the grocery store.

Wednesday, April 02, 2008

Milano e Verona, le convulsioni del cattolicesimo padano

A Milano la Curia critica gli sgomberi dei campi Rom abusivi effettuati dal Comune in zona Bovisa (link all'articolo non firmato, sul sito molto moderno e sofisticato della diocesi). "Si sta scendendo abbondantemente sotto i limiti stabiliti dai fondamentali diritti umani", recita polemicamente l'articolo, che come sottolinea Repubblica è sicuramente stato letto e approvato dal vescovo Tettamanzi. E' solo uno dei tanti episodi di frizione tra un'amministrazione pubblica che interpreta, nelle città del nord, la domanda di ordine e sicurezza che viene dalla cittadinanza, e una certa Chiesa umanitarista e sociale che risponde con l'imperativo della tolleranza, suggerendo risposte ai politici e bacchettandoli ove necessario.

Succedeva anche a Verona (come ricorda Alfieri in "Nord terra ostile") con il precedente vescovo Carraro, francescano, di tendenze molto moderniste ed ecumeniche, e il precedente sindaco, il cattolico democratico Paolo Zanotto. Personaggi legati da una reciproca intesa che aveva portato la Curia a sostenere discretamente la candidatura Zanotto nel 2002. Un modello fallito: a Carraro è succeduto mons. Giuseppe Zenti, più tradizionalista, che appena arrivato ha definito la situazione della diocesi "se non tragica, drammatica"; e Zanotto è stato fatto a fettine alle elezioni 2007 dal candidato leghista, Tosi, che passato al primo turno con oltre il 60% dei voti.

C'è una partita importante che si gioca nel Nord Italia, tra due interpretazioni molto diverse del ruolo della Chiesa sul territorio, nell'assistenza alla popolazione locale. L'immigrazione, la sicurezza, la legalità ne sono capitoli fondamentali.

Tuesday, March 25, 2008

Comment votent les ouvriers


Fonte: sondaggio Demos & Pi per Coop. www.demosonline.it

Saturday, March 22, 2008

"L'amore che sono capace"

«Voglio questo figlio, voglio allevarlo e crescerlo con tutto l'amore che sono capace». E' la intensa poesia un po' sgrammaticata della giovanissima pordenonese che, come riferisce oggi il Gazzettino, vuole a tutti i costi fare nascere il bambino che è in lei, generato dalla relazione con un ragazzo albanese. Quindici anni, i suoi vorrebbero farla abortire ma lei si ribella. «Con papà e mamma ho sempre avuto un discreto rapporto, così mi sono confidata. La prima idea è stata quella di farmi abortire, ma io credo in Dio e nei principi della Chiesa. I miei genitori mi hanno insegnato che un figlio non si può "uccidere"».

Che brava e coraggiosa questa quindicenne. Oggi è nata una nuova Filumena Marturano.

Thursday, March 20, 2008

Ieri sera


Ieri sera è successo un altro piccolo miracolo, uno di quei segni splendidi disseminati nell'esistenza da un’intelligenza universale, da un amore unico. Stavo uscendo da un autobus, a Termini, e immerso in pensieri vari e banali andavo verso la fermata del tram che sta un paio di vie là dietro. Ho pensato a papà. Mi capita spesso, ma stavolta è stato piuttosto improvviso, appunto un attimo prima stavo pensando davvero a tutt’altro. Ho guardato certi palazzi lontani, in direzione di Piazza Vittorio, che arretravano nella penombra della sera, mentre invece il piazzale della stazione era così tutto illuminato; e la cosa mi ha messo inquietudine, come se al di là delle nostre piccole luci confortevoli ci fosse un buio ignoto e remoto. La domanda più semplice e più drammatica: dove sei papà? Un brivido e una lacrima. Volto appena lo sguardo: in quell’esatto istante, nello stradone che avevo appena attraversato, ecco, compare la sua macchina, la Lada Niva, dello stesso colore rosso sangue, quasi bordeaux, che aveva la sua. L’ho notata con la coda dell’occhio e mi sono fermato senza parole.
Quante macchine come quella, quanti altri gipponi sovietici, carrozzoni ingombranti e brutti, residui di un altro tempo, ci saranno in tutta Roma? Cinque? Dieci? Trenta...? Quante di quel colore, di quel tipo, in quel momento... Era forse la prima volta che ne vedevo una uguale a quella di papà da un anno o anche di più.
Quanta solitudine colmata, in certi essenziali momenti, solo che lo vogliamo. Ieri è successo.

Tuesday, March 18, 2008

Nordisti immaginari

Partito Democratico e questione settentrionale. Riuscirà Walter a conquistare i voti dei ceti produttivi del nord? A documentare l'impresa disperata c'è un libro di Marco Alfieri, "Nord terra ostile" (Marsilio).

Le suggestive parole d'ordine del libro: la secessione di velluto; il mito del gigantismo; una società a capitalismo diffuso; la religione della famiglia-impresa; la lombardovenetizzazione del centro Italia.

Su Terza Repubblica è online una mia breve recensione.

Saturday, March 15, 2008

Aggiunto link

E' DemCon Watch, un osservatorio accurato sulla strada per la convention dei Democrats, con sondaggi e analisi anche piuttosto inusuali (da lì ho appreso che il vantaggio di Hillary negli unpledged delegates è crollato da 100 a 30 nelle ultime settimane). Me lo suggerisce Andrea, amico veronese che per ammirevole masochismo che sfugge alla mia comprensione è andato a studiare in quella linda prigione che dicono essere Singapore.

Thursday, March 13, 2008

"Fine" di Prodi?


Il re è morto. Chi era il re? Romano Prodi sta lasciando la politica (ma non del tutto, e non per sempre), e i giornali si sono prodotti in una serie di analisi sul passato e futuro del prodismo come sistema.

1) Prima ci sono stati Fabio Martini sulla Stampa, e soprattutto Edmondo Berselli sulla Repubblica di lunedì scorso: "il prodismo", spiegava Berselli, è stato principalmente "una ciambella di salvataggio di fronte all'avanzata della destra". Dunque se ora l'alleanza ulivista concepita da Prodi scompare, è perché "è stato decostruito lo schema politico" su cui Prodi aveva fatto riferimento, "non c'è più bisogno di organizzare una resistenza alla destra". "E' l'ora di una tardiva secolarizzazione della politica".

2) Oggi sul Foglio parla Francesco Forte, che oltre ad essere stato ministro negli anni ottanta per il Psi craxiano è stato anche professore e intellettuale legato al dotto liberalismo piemontese. Raccontando delle circostanze in cui si trovò a conoscere Romano Prodi, Forte ne disegna un profilo di personaggio serio e acuto. Poi spiega come nacque e crebbe il prodismo e soprattutto i prodiani, attorno alla casa editrice bolognese del Mulino, che sotto Prodi si trasforma da editore liberale con lo sguardo ai cattolici a cattolico con lo sguardo verso i liberali. Avverte però Forte che tanto liberali, soprattutto nei metodi, i prodiani non si dimostrarono; e ripete che no, non siamo alla fine del prodismo. Anzi.

3) Intanto Dagospia pubblica le prime indiscrezioni su che fine faranno alcuni esponenti del clan prodiano, a cominciare da Claudio Cappon e da Maurizio Prato. E' una conferma di quanto dicono tanto Berselli che Forte sulla virtù tecnocratica di Prodi, grande esperto della gestione di pezzi di establishment, della mediazione tra gruppi di potere diversi; e, insieme, della stretta fedeltà politica che lega a lui i suoi diretti collaboratori. Vedi, ad esempio, la levata di scudi di Arturo Parisi alla notizia che Calearo festeggiava la fine imminente del governo; vedi la pronta difesa del fedelissimo Franco Monaco quando si è tentato di accostare prodismo e dossettismo.

Quelli a cui più dispiace che Prodi se ne vada, forse, sono i Radicali. Ci sono alcune ragioni: una, scontata, potrebbero essere i posti rilevanti che avevano avuto modo di occupare in questi due anni all'ombra del ministro Bonino, che non a caso è stata la più docile e meno problematica tra tutti gli alleati di Governo (lo ripete insistentemente Carlo); e non ci sarebbe niente di scandaloso, tranne che questo smentirebbe quanto si è sempre detto a proposito della "differenza" antropologica di Radicali e missini rispetto alle altre etnie politiche. L'altra è più profonda, e riguarda l'obiettivo, la missione che il prodismo, soprattutto in quest'ultima fase politica, si era dato: consolidare l'alleanza trasversale contro un certo tipo di cattolicesimo, a favore di un altro, più "moderno", permeabile e malleabile sul fronte dei valori. "Sono un cattolico adulto", disse con snobismo Prodi; il suo voto al referendum sulla Legge 40 fece scalpore, e così anche la difficile mediazione della cattolica Rosy Bindi a favore dei Dico. I Radicali a questo sistema si accodano volentieri, perché sentono che non è il momento di nuove battaglie sulla laicità, e dunque è meglio, tatticamente, consolidare e difendere quelle già combattute. Insomma: impossibile uno zapaterismo all'italiana, perdente in partenza di fronte al ricco e articolato tessuto cattolico della società, va bene anche il prodismo, che garantisce un sistema di valori molto aperto, quasi remissivo, in tema di diritti, di fronte alle richieste radicali.

"Il mondo è pieno di occasioni dove c'è gente che aspetta aiuto e pace", ha detto con i consueti accenti fanciulleschi e insieme un po' messianici Prodi stesso. Cioè si chiude una fase, anche per un parziale fallimento; ma se ne apre un'altra. Insomma. Prodi non è finito. Il prodismo nemmeno.

Sunday, March 09, 2008

Riassunto candidature

Ad uso e consumo (quasi) esclusivo del sottoscritto, cioè come puro promemoria elettorale. Vediamo di fare un po' il punto (molto incompleto) sulle strane candidature della strana campagna 2008:

PD

Uscito e rientrato Ceccanti, il costituzionalista, ora in lista in Piemonte; uscito ma non rientrato quel galantuomo riformista di Peppino Caldarola; niente ricandidatura per Antonio Polito, che però è tornato a dirigere il Riformista; capolista in Campania D'Alema, in Puglia l'ex ministro per le politiche agricole De Castro; molto eterogenee le liste in Veneto, dove si va dai liberali Morando (Senato) e Calearo (Camera) alla cattodem Bindi, al giacobino Felice Casson, a Maria Pia Garavaglia, vicesindaco di Roma, che è candidata anche in Lazio, dove capolista al Senato è Franco Marini.

PDL

Niente candidatura per Capezzone; Jannuzzi, storico socialista di Forza Italia, è fuori pure lui; dentro Santo Versace, sembra; i confindustriali: D'Amato ha detto no, Andrea Riello anche lui, ma suo cugino Ettore invece si candida in Veneto 2, così come l'avvocato padovano Pietro Longo; Vendemiano Sartor, presidente Confartigianato Veneto, è candidato in Veneto 1, mentre Giancarlo Galan è capolista al Senato. Confermato, con notevole assenza di novità interessanti, tutto lo stato maggiore di An. Candidate di peso: Eugenia Roccella, femminista con ripensamenti cattolici, Fiamma Nirenstein, giornalista filo-israeliana; Souad Sbai, agguerrita attivista dei diritti di origine marocchina, rigorosamente laica; il giornalista garantista Giancarlo Lehner. Si tratta sulla candidatura del figlio di Clemente Mastella, Pellegrino; Manuela Di Centa, friulana, candidata in Alto Adige, Michaela Biancofiore dall'Alto Adige paracadutata in Campania, Michela V. Brambilla dalla Brianza paracadutata in Emilia, Deborah Bergamini dal suo blog paracadutata in Toscana. Licia Ronzulli, che non si è capito se è la massaggiatrice del Cav. o semplicemente una "del suo staff medico", è candidata pure lei. La divina Mara Carfagna, infine, al terzo posto in Campania alla Camera dietro Berlusconi e Fini.

LEGA

Umberto Bossi è candidato alla Camera Piemonte 1, Roberto Calderoli invece , grande stratega parlamentare, riconfermato al Senato, sempre in quella regione; sempre al Senato, in Emilia Romagna dietro al capolista Castelli c'è Torri, e poi al terzo posto, quindi senza possibilità reali di essere eletta, il vicesindaco di Lampedusa Angela Maraventano (quella che chiedeva l'annessione alla Lombardia, credo).

SINISTRA

Fausto Bertinotti, candidato premier, è in lista a Roma, Franco Giordano in Toscana, Alfonso Pecoraro Scanio in Puglia; Diliberto ha rinunciato al posto in Piemonte per l'operaio della Thyssen Ciro Argentino (e ora che farà? qualcosa di simile a quello che già fa Piero Fassino nel Pd, probabilmente, e cioè l'instancabile animatore); Rita Borsellino è capolista al Senato in Emilia Romagna, e dopo di lei viene Paolo Cento, rotondeggiante politico dei verdi; è saltata in Alto Adige la candidatura di Marco Boato, sembra a causa di un veto di Rifondazione, ed è un gran peccato;

VARIE ED EVENTUALI

La Marini (Valeria) forse scende in campo "a difendere i diritti delle donne"; Franco Grillini, storico rappresentante del movimento gay, deluso dal Pd è candidato coi socialisti di Boselli, ma a sindaco di Roma; gli stessi socialisti hanno offerto simbolicamente un posto nelle liste a Mastella, per solidarietà primorepubblicana tra reciproci esiliati politici, ma Mastella pur ringraziando non ha accettato, e Boselli si è mostrato molto comprensivo.

Saturday, March 08, 2008

Un pomeriggio come tanti

Piazza Farnese, 15.30. Giovanni Lindo Ferretti ha cominciato già, canta e parla, è musica e poesia. Dice cose intense e ispirate, forse doveva candidarsi lui. Ci sono i foglianti sul palco, Crippa, Meotti, poi vengono anche la Valensise, Pace; c'è Giuliano che parla anche lui, "non siamo eroici ma ragionevoli", e "sono edonista e mangione", e il resto è parte della consueta prosa antiabortista. Ci siamo noi del pubblico, io e l'amico Billi, pochi ma buoni come si dice, 200-300, facciamo anche 500, e tra noi quel genio solitario di Vincino e quell'altro genio scurrile di Andrea Marcenaro. "Andrea, ci fai ridere, ma con disincanto, senza pretese, come è giusto", gli dico. "Grazie... Di dove siete... Massa Marittima? Cortina? Ah voi cortinesi, montanari, lontani, un po' tirolesi... Ciao bello, ciao, stammi bene". Ci sono le femministe ragionevoli, e quelle un po' irragionevoli che gridano e schiamazzano dalla via là vicino; ma sono poche, per quanto rumorose, arrivano passano e vanno via, senza lasciare il segno, come i tagli che ti fai d'estate, come i graffi del gatto. Un amico mi scrive: "tutto bello ma il foglio 1.0 è altrove. A Piazza Farnese è solo goliardia". Può essere ma in questa piazza illuminata e allegra, sotto il cielo scuro che minaccia la pioggia, è bello esserci. Io intanto ripenso a Filumena Marturano e alla sua splendida orazione pro-life fatta col core della donna di popolo, e la ragione antica di una religione che non invecchia.

Friday, March 07, 2008

Lontano, lontano



Le vesti lunghe e leggere, cinte ai fianchi, bianchissime, delle signore, provenienti dai negozi parigini. Gli uomini nelle loro uniformi, spesso marinaresche. Bambini che si riconcorrono, che fanno i circoli attorno ai grossi tronchi della taiga, che si buttano a terra, con grazia saltellano su un piede solo. Immagini di vacanze al mare, l'estate breve e fresca del Baltico forse, o quella della Crimea, quasi mediterranea. Una parata regale, i saluti della zarina Alexandra, cenni veloci del capo, e davanti i preti ortodossi che incedono severi - possiamo quasi vedere brillare gli ori delle tuniche, anche nel bianco e nero. Ecco Anastasia, Tatiana, Olga, Maria, Alessio: salgono su una carrozza, coi genitori. Poi la vettura parte, veloce esce di scena. Dove va?
Brevi frammenti dispersi nel tempo. Un mondo inconsapevole, fragile, aristocratico, che danza verso la catastrofe, gioca col proprio destino. C'è una incredibile poesia, una cosa struggente, malinconica, quasi surreale, nelle immagini dei Romanov, e nella loro fine consumata nel tumulto rivoluzionario (la penultima cruda immagine è la parete della stanza di casa Ipatiev a Ekaterinburg bucherellata dai colpi che uccisero i membri della famiglia). Ho trovato questo video su YouTube che unisce immagini e brevi filmati, è bellissimo. La zuccherosa colonna sonora è quella di Titanic, portiamo pazienza.

Saturday, March 01, 2008

Dedicato a voi (e ai vostri anagrammi)

Nei lunghi tempi morti, negli intercity polverosi che si arrampicano sull'Appennino, nelle pause-studio dilatate fino a durare il doppio dello studio stesso, insomma nei piccoli interstizi della quotidianità, ho fatto l'anagramma dei nomi e cognomi di alcuni amici padovani e non solo. I frequentatori assidui del blog si riconosceranno. (E' anche un piccolo omaggio a voi che avete condiviso con me questi quattro anni allegri e un po' incoscienti, belli perché nutriti di vera amicizia... ve ne sono grato, davvero).

Si comincia con la Claudietta, che può diventare l'esotica Dorilla Ucacotua, la famosa cioccolataia Tullia Durocacao, oppure assumere le sembianze un po' ingombranti e animalesche di Laura Odilotucca o Lucia Taurocaldo. Matilde, invece, amica cortinese, ama reincarnarsi nell'intrigante barista slovacca Melita Chelsudich, nella diva della Costa Azzurra Cécilia Du Helsh, o anche, perché no, nella nota cantante pop Mitica Chedullesh...

Carlo invece è noto anche come Renato Clemegna o Marco Lagentene, ma anche con il nome del bel tenebroso Ramon Gentelace, e chi non lo conosce; oppure a volte prende le sembianze della gentile impiegata bellunese Lorena Cementag, o della sua amica Marta Clorengene, famosa proprietaria di impianti natatori.

La Beatrice ha una sola collega, quella furba della Erica Zibbastuzie; idem per Stanilla, che ha lasciato in Polonia la sua conterranea Luisella Stanchich. Mentre Guja ogni tanto va a trovare Gulasch Chejui - di sesso ignoto -, a Budapest ovviamente, o il puzzolente Scag Huchieluj, di origini ignote per fortuna, o quella zozzona cagliaritana di Succhia L'Ughej.

Ettore è pieno di sosia improbabili. E non solo l'anonimo Franco Egattea e il rancoroso Renato Fegatac, ma anche quello strambo di Nereo Cafagatt, il qualunquista trevigiano Tacagno Fréate (un evasore del fisco, possiamo giurarci), o la sapiente Atena Crefagot... perché dobbiamo parlare degli impresentabili Fetore Cagnata e Argento Fecata, del serial killer Feroce Ganatta? O della vezzosa Garofanetta Cè, della povera Frocetta Anega, o di quel losco marpione che risponde al nome di Ateo Fregna Aca (chiaramente un romanaccio sospeso tra Porta Pia e il bordello della zona)?

Le equivalenti della Ludo, invece, veleggiano a ben altri livelli. Roba che conta: la elegante Donatella Cavallini De Vu, ad esempio, o l'anziana ereditiera Lionella Atavica De Lund, addirittura la famosa prostituta d'alto bordo Clotilde Vulva De Nailana!

Con Pavel si va sull'internazionale (e c'era da chiederlo): il suo preferito è sicuramente l'abbronzatissimo surfista californiano Ken Speillazevy. Ma se passate per Cracovia fate un salto dal grigio burocrate Ivan Pylsekzel, che solo a pronunciarlo vi è già passata la voglia di conoscerlo.

Riccardo detto Welrik, compagno di blog, si trasforma volentieri in Tancredi Bruciove, che a forza di erre moscia l'hanno pure battezzato così, o anche nell'enigmatico libanese Cirano Cved-Beirut, o in quel vecchio compagnone di Benito Verduricc! Dalle parti di Valdobbiadene sta anche il noto produttore Rudi Vinaceto, mentre è ormai leggenda la contessa rumena Beatrice Von Drincu, e le sue sbronze al chiaro di luna.

Gemelle ingombranti per la Giugi (Giulia, mia cugina), detta anche Liliana Vortussegi, o Luisa Ventosa Girli, e conosciuta nei night club milanesi come Trilli Von Aiagesus (tra il sacro e il profano), per non parlare della provocante Vania Gluteo Liriss... o della povera Vaginite Sol-Si-Urla!

Ma la Musa ispiratrice degli anagrammi, la regina incontrastata dei sosia enigmistici, insomma la vera vincitrice è lei, la Laura. Una caterva di alter ego. Possiamo cominciare con la insipida Michela Radura, ad esempio, o con l'anonima Daria Chelurma, per continuare con la caliente madrilena Carmela Hurida, con la misteriosa spia iraniana Clara Ahmirued, con la danzatrice argentina Marica De Rauhl, o con la dubbia Amalia Durcher (francese o friulana? dipende da come lo pronunci). Ma siamo solo all'inizio. Pensate infatti alla fiera contadina sarda Leda Marachiru; o a sua cugina, quella poco di buono di Chimera Ladrau; all'antipatica Acida Rumahler, certamente un'insegnante di piano, con morbidi richiami asburgici; o all'indefessa lavoratrice Crumira De Alah; per passare all'altro sesso con l'altero Adelchi Maurra o il brigante veronese Rudi Marachela; ma la Laura è conosciuta anche, udite udite, come Arachide Malur, Malaria Chedur, la tremenda Crudelia Harma; e, infine, la povera, emarginata, Chiara Merdula.

Saturday, February 23, 2008

"Cronache sociali" e quel che ne rimane

Presentata a Roma l’antologia della storica rivista dei dossettiani. Sono i padri del prodismo? Su Terzarepubblica.it è online una mia breve recensione di "Le 'Cronache Sociali' di Giuseppe Dossetti".

Friday, February 22, 2008

Ma il Pd...?

Fino a dieci giorni fa sembrava che la "vocazione maggioritaria" di Walter e Company fosse reale ed effettiva: le cose si mettevano bene, e promettevano meglio. Lo scrivevo su Agenda Liberale. Adesso viene fuori che a) il Pd correrà con il partito di Di Pietro, non esattamente un esempio di riformismo e visione serena e non demagogica dell'uso della giustizia; b) nel Pd faranno ingresso almeno 8 o 9 radicali, che non si vede come potranno andare d'accordo con un certo popolarismo (già Castagnetti storce il naso) e con i cristiani attivi Bobba, Binetti, Carra, eccetera; c) capolista al senato del partito sarà Umberto Veronesi, e anche lui si trova distinto e distante su certe delicate questioni da buona parte dell'ex Margherita e del suo elettorato; d) per non ben specificate ragioni, questa operazione di inclusione ed esclusione lascia fuori i socialisti.

Hanno un bel dire Veltroni e, in parte, Berlusconi, che i cosiddetti "temi etici" devono restare fuori dalla campagna elettorale. A parte che se ci entrarono dalla porta, negli anni Settanta, non si vede perché ci debbano uscire dalla finestra oggi; e poi queste cose non le decidono le segreterie dei partiti, ma vengono direttamente dall'urgenza delle situazioni, da quel misterioso intruglio che si chiama spirito del tempo, come insegna Albert Camus nell'intestazione del blog. In una qualche misura si autoimpongono, e meno male che è così. Per questo non è pensabile ritornare all'economismo asciutto degli anni '90, del Meno Tasse Per Tutti e delle liberalizzazioni. Il Pd fa le sue scelte, ma in realtà decide di non decidere. E le cose si ingrigiscono...

Tuesday, February 12, 2008

Campaign 2008, si accettano suggerimenti

Ho aggiunto una breve e incompleta lista di link alla colonna di destra. Oltre ai siti internet dei quattro candidati ancora in corsa - Obama, Hillary, McCain, Huckabee - c'è l'immortale blog di Christian Rocca, Camillo; il Channel 8 di Washingtonpost.com, che è una costante rassegna di political ads curata dal più fico giornale americano; la pagina dedicata alle presidenziali di Gallup, che sforna un sondaggio al giorno; On the issues, risorsa meravigliosa per capire "what do candidates stand for", praticamente su ogni tema (là, ad esempio, ho appreso che Obama è pro-choice ma antiabortista); gli O'Reilly talking points, la trasmissione quotidiana del cattivissimo opinionista conservatore su Fox News; Real Clear Politics, che raccoglie sondaggi ed exit-poll da tutta la rete, oltreché seguire l'evoluzione del numero dei delegati eccetera eccetera; i siti web di tre giornali comunque irrinunciabili, New York Times, Wall Street Journal e Washington Post. Ripeto, se qualcuno ha qualcosa di bello e buono da aggiungere, il menu è a vostra disposizione.

Monday, February 11, 2008

Beppe Grillo ante litteram

"Contro i ladri, contro l'abietto regime, tutti stasera davanti alla Camera!

Al popolo di Parigi: Chiamati al governo nella speranza che restituissero giustizia e ordine, Frot e Daladier hanno aperto i lavori scacciando via la polizia. Hanno dato briglia sciolta all'anarchia socialista, e intendono salvare i lestofanti massoni. Nel tentativo di imporci questo abietto regime, nello sforzo di soffocare la voce dell'opinione pubblica, Daladier e Frot lanciano violente minacce contro la gente onesta. Il popolo francese reagirà a queste sfide. Di fronte al crollo del regime proclamerà i propri diritti. Dopo la chiusura delle fabbriche e degli uffici tutti si riuniranno stasera davanti alla Camera e gridando 'Abbasso i ladri!' diranno al governo e ai suoi fiancheggiatori nel parlamento che ne hanno abbastanza di questo putrido regime".

(Appello apparso sull'"Action Francaise" del 6 febbraio 1934)

Sunday, February 10, 2008

Quasi una moratoria

Questa volta c'eravamo anche noi. C'è stata la lettera-appello di cui sotto, una buffonata antipapista che lascerà il tempo che ha trovato, con la sua ideologizzazione malata e il suo astio immotivato verso il prof. Ratzinger. Ci sono stati i nostri professori, che hanno aderito purtroppo in molti, i nostri maestri che ci hanno un po' scandalizzato e un po' deluso: le loro voci si sono unite al belato generale, e questo ci è dispiaciuto davvero.

Stavolta però ci siamo stati anche noi. Alessandra, Carlo, Stanilla, Riccardo, Michele, Enrico, Lorenzo, e anche Daniela, Elisa, Guja, Marco, Giacomo, Andrea, Pavel, e gli altri che non sono intervenuti sul blog ma con cui si è parlato e discusso. Questa specie di moratoria improvvisata, piccola ma vivace, intra nos, un po' goliardica, l'abbiamo messa su perché per una volta le cose che fanno e che dicono i nostri docenti e maestri e i loro assistenti non passassero inosservate. La loro adesione all'appello oscurantista di cui sotto comportava un'assunzione di responsabilità, perché non si firma niente senza sapere che cosa sta scritto; e come studenti, con le nostre idee diverse e plurali, gliel'abbiamo ricordato.

Tutto qui. Secondo me è già molto.

Tuesday, February 05, 2008

No comment

Un appello greve e irrazionale contro il Papa, diffuso da un'associazione che vanta tra le proprie attività la sponsorizzazione del revisionismo sulle foibe teso a giustificare il massacro degli italiani, e altre onorevoli iniziative di ricerca, sta circolando in rete.

Tra i quasi 1500 aderenti, ecco i nomi che fanno riferimento al dipartimento di Storia di Padova:

Francesca Ambrosini, storia della repubblica di Venezia
Filippo Focardi, ricercatore storia contemporanea
Giovanni Focardi, come sopra
Maria Cristina La Rocca, storia medievale
Federico Mazzini, dottorando storia contemporanea
Michele Nani, storia contemporanea
Elisabetta Novello, storia economica
Stefano Petrungaro, storia contemporanea
Giorgio Roverato, storia economica
Simona Troilo, storia contemporanea
Alfredo Viggiano, storia moderna
Marco Zambon, storia del cristianesimo

E' una stilettata al cuore.

We are one people

"La sinistra americana dalla diversity alla unity": link ad un'ottima analisi su Barack Obama del prof. Anthony Marasco. Uno che di America se ne intende davvero (altro che Ennio Caretto).

Monday, February 04, 2008

Aspettiamo senza avere paura... domani

Me-ra-vi-glio-sa intervista di Lucio Dalla ad Antonello Piroso, su "Niente di personale", La7.

"Se fossi un ottimista sarei un cretino completo e se fossi pessimista sarei peggio. La situazione non è tanto difficile come lo è stata in passato, semmai è assemblata di molti fatti che possono rabbuiarci e rallegrarci. Se vogliamo vedere la patologia del mondo di cui facciamo parte ci mettiamo un minuto. E' veramente patologia pura. Nello stesso tempo, io trovo affascinante questo stato di cose. Credo che ci sia una mutazione in corso, e questo dà l'idea della vitalità del mondo che ci circonda".

"Non c'è nessuna contraddizione nell'essere di sinistra ed avere fede. Io sono uno che crede. Non che sia un credulone, ma credo che ci siano tante cose che non vediamo e che ci sono sempre. Tra queste, è precisa la sensazione di un Dio, dentro. Sono convinto che non siamo qua per caso: nasciamo perché abbiamo qualcosa da fare, perché abbiamo la possibilità di inventare. Io sono stato un cattocomunista, ed è stato un grande momento delle possibilità reattive che un uomo ha attraverso il proprio lavoro".

"Come fa uno di sinistra ad essere vicino a Dio? Attraverso il lavoro. Quando lavori non sei da solo ma fai parte di una grande anima".

Ecco, un Pd con tanti Luci Dalla può contare anche sul mio voto.

Usa 2008, aggiornamento blog

Domani è il super Tuesday e mancheranno solo otto mesi alle presidenziali americane, che sono un po' le elezioni di tutti noi - destra e sinistra, capezzoniani, cisnettiani, foglianti, veltroniani, interisti, juventini, jazzisti e rocchettari. Time to wake up! Come già fatto con Sarko 2007, cercherò di mettere una mini-lista di link vari ed eventuali. Si accettano consigli che non siano gop.com, dnc.org e gallup. Thanks!

Tu mi conosci? Io no

Carlo me l'ha attaccata, come spesso fa Carlo, del resto. Così ecco a voi il primo test sulla personalità che ha come oggetto... me.

Clicca QUI

Sunday, February 03, 2008

La Spagna ferma al suo Novecento

La Spagna è sul limitare degli anni Sessanta. Ha vissuto anni di crescita spensierata e di edonismo prima sconosciuto, si è sbottonata la camicetta come le nostre mamme quando ballavano il geghegè. Mentre il resto dell’Occidente viveva il trauma e il lutto dell’11 settembre, e si addentrava nella nostra nuova era pieno di angoscia e disillusione, la Spagna, pur toccata dagli eventi sanguinosi del marzo 2004, viveva la sua solitaria modernizzazione effimera e sfrontata, il suo boom dei consumi e dei costumi. Le città spagnole sono la meta preferita di chi vuole più o meno inconsciamente trovare lo spirito che da noi aleggiava quarant’anni fa, fluido e molleggiato.

Dice Miguel, amico di Burgos conosciuto a Boston: “la Chiesa in Spagna è così old-fashioned, ci parla ancora dell’inferno e del paradiso…”. Già, che senso hanno queste barbose preoccupazioni ultraterrene quando la vita terrena è così luccicante e attraente, quando si guadagna il doppio di dieci anni fa e ogni libertà del singolo è concepita in senso assoluto... spavaldamente, almodovarianamente?

Ma le nubi si addensano anche sul destino spagnolo, spiace dirlo ma è così, già le previsioni di crescita economica lasciano intendere che il miracolo iberico prima o poi finirà, e anche in Spagna ritroveremo sussulti e paure che attraversano il resto d’Europa e del mondo. Tempi belli e cupi, i nostri: da questo punto di vista l’Italia ne è molto più consapevole, e paradossalmente più all’avanguardia.

La Spagna invece, ancora una volta, come sempre nella sua storia – e particolarmente nel Novecento – segue vicende separate dal resto d’Europa, del mondo; in fondo, è il suo solito ritardo, che dura da cinquecento anni, dai tempi di Felipe Segundo e di quella strana scelta un po’ mistica e un po’ provinciale di richiudersi su Madrid, di voltare le spalle al mondo. Questa Spagna culturalmente autarchica, e un po’ stupida, prima o poi si sveglierà, e forse allora comincerà a raccontarci qualcosa di interessante.

Saturday, February 02, 2008

Era un guelfo ruggente

Link alla pagina di Wikipedia dedicata a Ugolino Cavalcabò, signore di Cremona. L'eponimo della mia nuova via era uno schietto e vivace guelfo lombardo, promotore di una lega antighibellina. Visse negli anni incerti e tormentati a cavallo tra Tre e Quattrocento. Morì infilzato da un avversario durante un banchetto. Davvero niente male.

Friday, February 01, 2008

Lettere laterane, l'epilogo

Cronaca della ricerca del mio buco in Roma/3

dal vostro corrispondente in Intercity plus

Ieri sera ho lasciato la caparra per la stanza. 150 euro. Cinquanta li avevo dimenticati nel cabinotto del bancomat, e sono dovuto correre indietro a prenderli: erano ancora lì, appoggiati accanto alla tastiera numerica dove si compone il Pin. Miracoli della notte romana, perché alle nove e un quarto sono tutti a cena, e in venti minuti nessuno era passato. Il mio nuovo indirizzo è Via Cavalcabò 20, scala B, quarto piano, prima porta a destra usciti dall’ascensore: una casetta piccola così, il coinquilino silenzioso, l’altro ancora da scegliere, un quarto che non c’è mai, lavora per mesi a Milano. La camera è più grande del mio cubicolo cortinese e più piccola del salone padovano. E’ tutto medio: dimensioni, posizione (a due passi da Largo Preneste, quindici minuti dalla Sapienza), prezzo (410 più spese, ma sono poche).
Avevo cominciato pimpante e curioso, e come sempre accade quando si cerca casa, sono finito spompato e un po’ disperato. Nel mentre, ho conosciuto una commessa calabrese che lavora in un negozio di scarpe eleganti a due passi dalla Camera, che affittava non lontano da dove poi ho trovato, e che con tutta la solare genuinità della provincia quando ero andato a vedere la sua casa mi aveva pure offerto di restare a cena; una storica fotografa di Allenza Nazionale del tutto sdentata che ha cinquantasette anni ma ne dimostra settantacinque, e che vive come una barbona a Rebibbia; una deliziosa scemetta che studia moda alla Sapienza, tutta ciglia e fard, che quando ha visto che per non perdere il posto in coda ho implorato la tipa allo sportello “aspetti, aspetti, io vengo da Padova”, ha subito aggiunto sfacciata “aspetti aspetti anche me la prego, io vengo da Ischia!”

Monday, January 28, 2008

Östalgie

Rovistando su Youtube ho trovato questo video. E' l'inno della FDJ, l'organizzazione della gioventù della DDR, meraviglioso kitsch anni Ottanta (dall'altra parte del muro però), corredato da manifesti d'annata, carri armati rumeni, bulgari, polacchi, biondissimi militanti con la camicia e il fazzoletto da Giovane Pioniere, e, udite udite, persino una splendida Trabant che si muove al ritmo della musica. Roba da maniaci. Da fare impallidire grandi collezionisti di vecchiume alla Stefano Di Michele.

Sunday, January 27, 2008

Effetto Veltroni-Bettini


Forse la volontà riformista della sinistra italiana è più forte di come viene rappresentata. Non male!

Tuesday, January 22, 2008

Lettere laterane, il seguito

Cronaca della ricerca del mio buco in Roma/2

dal vostro corrispondente in zona San Giovanni

Avete presente quell'umanità disgraziata che prima o poi va a finire su Chi l'ha visto, quegli individui grigi e anonimi che compaiono e scompaiono nelle grandi periferie urbane, figure disperse, ombre senza nome, insomma, avete presente? Alle otto di questa sera ero in mezzo agli svincoli della Cristoforo Colombo, dove il viale incrocia via Marco Polo, e mi sono sentito uno di loro. Ma solo un attimo. Quando ho visto scomparire il marciapiedi nella boscaglia e al telefono Domenico mi ha detto che "forse si era sbagliato" e che mi veniva a prendere in macchina, gli ho risposto che, no, grazie, va bene così. E me ne sono tornato a casa.

Così si è chiusa un'altra giornata di intensa ricerca. Era cominciata benino, in una traversa dell'Appia all'altezza della metro Furio Camillo. Zona carina e vivace, palazzo antico quel tanto da avere muri costruiti ancora come si deve, cioè larghi e freschi, e soprattutto mi viene ad aprire Tiziana, siciliana trapiantata nelle Marche e poi ritrapiantata a Roma, bella e cortese. Subito però vengono fuori le pecche: casa minuscola, coinquiline gentili ma pedanti, fissate con le pulizie, e poi un bagno solo per tre, ma chi mai lo vedrà in un appartamento con tutte donne? Quando mi accompagnano alla porta sono già riuscite a farmi promettere che monterò la tenda della doccia, "perché sai, tu sei un uomo, e allora". Ciaaooo!

Il secondo è stato l'aborto del giorno, uno stanzino impregnato di fumo in un microappartamento di 50 mq da condividere con altre quattro persone. "Ma c'è un solo bagno?" "Sì vabbè", mi fa il proprietario, "ma tanto loro fanno i camerieri e quindi la mattina dormono...". Raccolgo le energie e vado in direzione Nomentana - XXI aprile.

Qui c'è stato un incontro buffo. Giro un po' il quartiere che è uno schianto, una collina verde ed elegante affacciata su zona Bologna, in mezzo a parchi e giardini di proprietà di enti ecclesiastici vari e a ville piccole e grandi. Il palazzo in questione è ovviamente nello standard della zona ma ha un che di dimenticato e un po' muffito, e la casa che mi mostrano conferma e raddoppia l'impressione. Dentro c'è una donna sola, un'anziana. E' vedova e la casa è rimasta probabilmente come suo marito l'ha lasciata: tende, foto incorniciate, pareti stipate di quadri di paesaggi che non distinguerei per la banalità del soggetto e dell'esecuzione da quelli appesi nel salotto di mia nonna, o in infiniti altri salotti italiani. La signora cerca compagnia, e ha quella cortesia un po' prolissa figlia della solitudine, la stessa che la rende subito arrendevole nella trattativa, a patto che tu le porti un po' di gioventù. Infatti: "quanto mi può dare per il riscaldamento? Perché io c'ho una bolletta da 280 euro al mese, sa...". Le spiego del mio budget limitato. "Ah, non più di trenta euro dice? E vabbè, mi dia trenta...". Nel colloquio la donna è assistita dalla nipote, una venticinquenne con un'aria da porca un po' volgare, tutta strippata com'è nella maglietta nera aderente, i capelli scuri e le lentiggini sul viso carnoso. "Guarda, i soldi non sono un problema", taglia corto, "è che noi cerchiamo una persona seria". "Ah sì, quelle due studentesse che mi hanno portato la gente in casa le ho mandate via dopo un mese", fa la signora. La casa oltre ai quadri è un diluvio di santi e santini e madonne, quella religiosità pedante e un po' vuota degli anni sessanta, più da vecchia Dc che da aristocrazia papalina. E' con questa premessa che si spiega il seguito: "perché io sa c'ho una certa reputazione qua nel condominio, e ci tengo a mantenerla, quindi lei non può portare la sua ragazza, se ce l'ha. Cioè, se deve venire il pomeriggio, va bene, ci prendiamo un caffè qua in sala tutti insieme, ma niente visite serali". Io guardo la nipote zozzona che tra l'altro abita nello stesso palazzo e penso a quello che fa lei coi suoi ospiti del pomeriggio e della sera. Altro che prendere il caffè.

Se questo tocco surreale non bastasse, tuttavia, ecco due valide ragioni per salutare la signora e non tornare più, pur con tutta la pena che mi fa: primo, la stanzetta dove dovrei stare io, riempita com'è di mobili vecchi e pesanti, un po' borghesi e un po' da convento, consumati come sono, comunque inamovibili; secondo, un bagnetto carino e ordinato ma da condividere con la vecchia. E questo è un po' troppo.

Lettere laterane

Cronaca della ricerca del mio buco in Roma / 1

dal vostro corrispondente temporaneamente ospitato in zona San Giovanni

Prima stanza: via del Portonaccio, dietro la Tiburtina, in una casetta stretta stretta nello stesso palazzo del mio amico Renato. Ci abitano già un ragazzo e una ragazza, che stanno insieme. E questo basterebbe e avanzerebbe per declinare gentilmente. Comunque ci vado lo stesso, non si sa mai. Antonio mi viene ad aprire, mi mostra la camera dove ora sta accampato uno "un po' incasinato". Dimensioni accettabili, la spoglio mentalmente e la rivesto coi mobili nuovi Ikea che mi promettono di metterci dentro. Ma non va bene lo stesso: prezzo 420 più spese, cioè almeno 450. Decisamente troppo per Casalbertone.

Poi uno stanzone in via Principe Amedeo, giusto dietro la stazione, una zona "multiculturale" mi avevano avvertito. Quando dicono "divertente" e "multiculturale" bisognerebbe escluderla in partenza. Ma a cinque minuti dall'ingresso di Termini... E poi sono 390 tutto incluso.Mi apre un grassone sudato, un casertano in t-shirt e calzoni di felpa. E' di fretta, ha avuto molte richieste: "questo pomeriggio vedo altri due e se mi danno la caparra la affitto a loro". La casa è piena di foto di famiglia e cimeli e cumuli di riviste, doveva essere la residenza principale dei proprietari, una volta. Apre la porta della stanza: nella penombra vedo l'inquilino attuale che dorme nel suo letto. L'odore mi ricorda quello delle camere d'ostello di Boston. Anche stavolta la promessa è di cambiare tutti i mobili, ma il ciccione dà poco affidamento, e poi fuori è un vero suk. Niente da fare.

Terza offerta: bella e algida. E ovviamente carissima. Il proprietario è avvocato e avvocato è pure suo figlio, che diventerebbe il mio coinquilino. Mi mostra una camera grande e luminosa, balconcino, appena ridipinta, tutta vuota. Ci metterà i mobili, li deve comprare. Cucina nuovissima, lavatrice e frigo grande abbastanza da contenere le mie intenzioni gastronomiche. Bagno nuovo pure lui, c'è da chiederlo? Prezzo: 450 euro. Più spese 50. Per stare oltre la Tiburtina. La mia lista si accorcia.

Infine, a metà pomeriggio, l'immancabile tugurio, la proposta del tutto fuori mercato, l'antro inabitabile. Ci voleva. Mi danno l'appuntamento per le 15 ma arrivano alle 15.30, per mezz'ora aspetto fuori, con quello che dovrebbe essere un mio contendente nella scelta, un simpatico emiliano sceso per fare un master. La stanza apparentemente si trova dentro una minuscola casetta a un piano quasi senza finestre, quelle costruzioni sorte dal nulla che di solito stanno nelle intercapedini urbane, a contorno dei grandi parcheggi, o di fianco alle stazioni, con i negozietti di braccialettini gestiti dai cinesi e così via. Davanti a noi c'è la muraglia del Verano e il viale della Tiburtina dove sfrecciano le macchine a ogni ora. Nei cinquecento metri percorsi per arrivare all'indirizzo non ho trovato niente, non un bar, una farmacia, un supermercato, un fiorista, un chiosco, nulla, solo una rivendita di motociclette. Poi ci mostrano la camera. Si sale una stretta scala ricoperta di calcinacci, ed ecco, un corridoio buio e puzzolente con le mutande stese ad asciugare (almeno le lavano), e poi la stanza, un buco osceno, lurido, con una bandiera dell'Italia (almeno quella) a coprire un'intera parete... e a terra una specie di materasso. Un fantasma si aggira nel corridoio, non lo guardo nemmeno. Mi chiedono se voglio vedere la cucina, "mi basta così", faccio io, grazie e arrivederci.

Saturday, January 19, 2008

Verso Roma

Il treno scivola rapido e silenzioso nei campi deserti. Siamo appena passati sopra un ponte di ferro, sotto scorreva un grande fiume, il Po penso, e nella nebbia le acque sembravano argento liquido. Sto scendendo a Roma, domani alle 12 sarò a San Pietro, porterò la mia umanità dolente di tosse e bronchite a cospetto di Papa Benedetto e della sua predicazione sapiente e gentile, come testimonianza di una ferita che noi cristiani vorremmo rimarginata presto, di un affetto speciale. E' un pellegrinaggio del XXI secolo. La Provvidenza ci chiama a Roma.

Speriamo mi aiuti a trovare anche una stanza.

Wednesday, January 16, 2008

Welrik risponde

"Chi vi scrive non è credente. Non ne è fiero nè lo sventola ai quattro venti. E' una scelta di vita, e come tale rimane. In un paese civile è inaccettabile che questo ci divida in amici e nemici. (...) Un laico come me, convinto che l'illuminismo sia ciò che ci differenzia dalla cultura del burqa e delle lapidazioni, non poteva non rispondere dissociandosi da quegli invasati".

Ottimo il post di Welrik di oggi. Lo cito volentieri. Il vero problema è che la sinistra ragionevole e avanzata di quelli come lui stenta a farsi sentire, a imporre il suo metodo autenticamente laico. Intanto però fa piacere sentirla.

Perché l'Italia non diventi la Spagna

Riassunto telegrafico delle ultime ore: dopo la lettera dei 67 professori e le proteste di alcuni studenti in università, ieri verso le 17 il Vaticano conferma: "opportuno soprassedere", la visita non si fa. Pochi minuti fa, il cardinale Ruini diffonde un appello: "tutti in Piazza San Pietro domenica prossima", per sostenere il Papa.

Probabilmente domenica ci sarò anch'io (tracheite permettendo). Ma tutto questo non va bene.

La cifra della diversità italiana, la sua fondamentale unicità nel panorama della chiese europee, è stata la presenza costante nella sua storia di un cattolicesimo insieme forte e dolce, diffuso e aperto, la fusione evangelica di questo pensiero col pensiero laico, la sua impossibile estromissione dal panorama culturale del Paese. Questo è ciò che ci distingue dalle aspre battaglie - molto identitarie, poco religiose - combattute in Spagna o in Polonia tra conservatori devoti e sinistre ciecamente laiciste; o dalla situazione sconfortante del cattolicesimo francese, dove la maggioranza dei credenti ha assunto per paura una posizione remissiva e subordinata ai dettami della Dea Ragione rivoluzionaria (mentre una esigua minoranza insegue l'estremismo cupo dei Maurras e poi dei LeFebvre). Non parlo poi del deserto di fede creatosi nelle nazioni protestanti.

Questa è stata la nostra differenza irrinunciabile e magnifica rispetto alle drammatiche fratture prodottesi nel resto d'Europa: da noi cattolici e laici, cattolici e liberali, cattolici e comunisti persino, hanno camminato mano nella mano per decenni, e questa forma compromissoria, con tutti i suoi difetti infiniti, ha però permesso che un vero scambio non venisse mai meno, e che i semi della fede permeassero il nostro tessuto umano e civile. Soprattutto, che dei veri credenti con le loro vere testimonianze portassero la propria esperienza anche all'interno della sinistra: e non penso solo a Moro o a La Pira ma anche alla tanto vituperata Binetti.

Il risultato? In Spagna possono anche andare in piazza due o tre milioni di credenti a gridare che "la famiglia, sì, importa", ma poi Zapatero la sua legislazione arrogante e violenta la porta avanti comunque. In Italia no (finora). In Italia si discute di come arginare la tragedia dell'aborto, in Spagna il fatto religioso è ridotto a una questioncella di costume. Se oggi il "modello italiano" è in pericolo, però, c'è un solo responsabile. Esso è quel "fronte laico" che con tutta la sua ignoranza e il suo bigottismo chiude le porte in faccia al Professor Ratzinger venuto a spiegare, a chiarire, a portare la luce.