Cronaca della ricerca del mio buco in Roma/2
dal vostro corrispondente in zona San Giovanni
Avete presente quell'umanità disgraziata che prima o poi va a finire su Chi l'ha visto, quegli individui grigi e anonimi che compaiono e scompaiono nelle grandi periferie urbane, figure disperse, ombre senza nome, insomma, avete presente? Alle otto di questa sera ero in mezzo agli svincoli della Cristoforo Colombo, dove il viale incrocia via Marco Polo, e mi sono sentito uno di loro. Ma solo un attimo. Quando ho visto scomparire il marciapiedi nella boscaglia e al telefono Domenico mi ha detto che "forse si era sbagliato" e che mi veniva a prendere in macchina, gli ho risposto che, no, grazie, va bene così. E me ne sono tornato a casa.
Così si è chiusa un'altra giornata di intensa ricerca. Era cominciata benino, in una traversa dell'Appia all'altezza della metro Furio Camillo. Zona carina e vivace, palazzo antico quel tanto da avere muri costruiti ancora come si deve, cioè larghi e freschi, e soprattutto mi viene ad aprire Tiziana, siciliana trapiantata nelle Marche e poi ritrapiantata a Roma, bella e cortese. Subito però vengono fuori le pecche: casa minuscola, coinquiline gentili ma pedanti, fissate con le pulizie, e poi un bagno solo per tre, ma chi mai lo vedrà in un appartamento con tutte donne? Quando mi accompagnano alla porta sono già riuscite a farmi promettere che monterò la tenda della doccia, "perché sai, tu sei un uomo, e allora". Ciaaooo!
Il secondo è stato l'aborto del giorno, uno stanzino impregnato di fumo in un microappartamento di 50 mq da condividere con altre quattro persone. "Ma c'è un solo bagno?" "Sì vabbè", mi fa il proprietario, "ma tanto loro fanno i camerieri e quindi la mattina dormono...". Raccolgo le energie e vado in direzione Nomentana - XXI aprile.
Qui c'è stato un incontro buffo. Giro un po' il quartiere che è uno schianto, una collina verde ed elegante affacciata su zona Bologna, in mezzo a parchi e giardini di proprietà di enti ecclesiastici vari e a ville piccole e grandi. Il palazzo in questione è ovviamente nello standard della zona ma ha un che di dimenticato e un po' muffito, e la casa che mi mostrano conferma e raddoppia l'impressione. Dentro c'è una donna sola, un'anziana. E' vedova e la casa è rimasta probabilmente come suo marito l'ha lasciata: tende, foto incorniciate, pareti stipate di quadri di paesaggi che non distinguerei per la banalità del soggetto e dell'esecuzione da quelli appesi nel salotto di mia nonna, o in infiniti altri salotti italiani. La signora cerca compagnia, e ha quella cortesia un po' prolissa figlia della solitudine, la stessa che la rende subito arrendevole nella trattativa, a patto che tu le porti un po' di gioventù. Infatti: "quanto mi può dare per il riscaldamento? Perché io c'ho una bolletta da 280 euro al mese, sa...". Le spiego del mio budget limitato. "Ah, non più di trenta euro dice? E vabbè, mi dia trenta...". Nel colloquio la donna è assistita dalla nipote, una venticinquenne con un'aria da porca un po' volgare, tutta strippata com'è nella maglietta nera aderente, i capelli scuri e le lentiggini sul viso carnoso. "Guarda, i soldi non sono un problema", taglia corto, "è che noi cerchiamo una persona seria". "Ah sì, quelle due studentesse che mi hanno portato la gente in casa le ho mandate via dopo un mese", fa la signora. La casa oltre ai quadri è un diluvio di santi e santini e madonne, quella religiosità pedante e un po' vuota degli anni sessanta, più da vecchia Dc che da aristocrazia papalina. E' con questa premessa che si spiega il seguito: "perché io sa c'ho una certa reputazione qua nel condominio, e ci tengo a mantenerla, quindi lei non può portare la sua ragazza, se ce l'ha. Cioè, se deve venire il pomeriggio, va bene, ci prendiamo un caffè qua in sala tutti insieme, ma niente visite serali". Io guardo la nipote zozzona che tra l'altro abita nello stesso palazzo e penso a quello che fa lei coi suoi ospiti del pomeriggio e della sera. Altro che prendere il caffè.
Se questo tocco surreale non bastasse, tuttavia, ecco due valide ragioni per salutare la signora e non tornare più, pur con tutta la pena che mi fa: primo, la stanzetta dove dovrei stare io, riempita com'è di mobili vecchi e pesanti, un po' borghesi e un po' da convento, consumati come sono, comunque inamovibili; secondo, un bagnetto carino e ordinato ma da condividere con la vecchia. E questo è un po' troppo.
Tuesday, January 22, 2008
Lettere laterane, il seguito
Pubblicato da francesco c. a 9:08 PM
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1 comment:
oddio..fra, ti siamo tutti vicini!!
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