Wednesday, April 30, 2008

Ma Roma (non) cadrà


Ieri ho ascoltato le motivazioni e le autodiagnosi di alcuni amici della sinistra institutional, cioè del Pd, per la disfatta romana. E' cominciato il processo a Rutelli, era cominciato ancor prima del voto, quando dicevo "sì però un po' per Rutelli mi dispiacerà", e quelli mi rispondevano: a me per niente, se ti piace Rutelli ti piace il Papa".

E' cominciata questa assurda e noiosa resa dei conti, un po' stalinista nella misura in cui si appunta tutta sulle persone, sui loro profili biografici; che non porta mai a niente perché non fa i conti con i fondamentali. E per fondamentali, ecco cosa intendo:

" LEGHISTI FASCISTI AFFARISTI, GLI AMICI DI ALEMANNO SONO ALLE PORTE. MA ROMA NON CADRA'! "

Stava scritto sui manifesti a due giorni dal voto, zona Tor Pignattara. Ne ho visti alcuni mentre ondeggiavo in un autobus stracolmo.

Tanti auguri per un voto del XXI secolo!

Friday, April 25, 2008

La "patologia" dei democrats

Nelle primarie in Pennsylvania Hillary ha vinto molto bene, anche meglio degli exit-poll che le davano 3-4 punti di vantaggio sul rivale. C'è una storia ormai tormentata in questo voto democratico 2008, il senso di una competizione senza fine, ribadito puntualmente dai titoli degli editoriali e dei commenti: "problemi" in casa demoratica, "disperazione", "incubo", anche "storia infinita", come titolava oggi il Foglio.

Toni claustrofobici, forse perché la sfida interna ai democratici sta andando oltre alla semplice gara sui programmi e sulle personalità dei leader. Quella in cui si trovano i democratici è una vera patologia del non decidere, del non decidersi: di fronte alla difficile sfida di ottobre, e al rischio di una terza batosta elettorale, la sinistra americana sembra paralizzata dalla paura di dire la sua, in modo definitivo.

Così i democratici giocano a dividersi, a spaccarsi in due come una mela. Si stanno già facendo molto male. Possono uscire dalla spirale accontentandosi delle qualità di uno dei due candidati, che sono entrambi piuttosto forti; e soprattutto, pensandosi finalmente un po' più "in grande", e cioè in quel ruolo di vera guida della nazione, che - pur nei mille difetti - i repubblicani non esitano invece da quasi trent'anni a sposare senza troppi complessi e timidezze.

Tuesday, April 22, 2008

Usa 2008, donazioni verso il miliardo di dollari

I numeri impressionanti della partecipazione alle primarie. Lo “strano profilo” di John McCain, la “strana strategia” dei repubblicani nella corsa alla Casa Bianca. I rischi di Hillary e quelli di Obama. Il timore crescente dei democratici di restare senza un candidato fino a giugno. I tasselli che rendono USA 2008 una delle competizioni più imprevedibili degli ultimi anni sono tutti ai loro posti.

Vedi il mio articolo online su Agenda Liberale, la rivista internet del Centro Einaudi.

Primarie in Pennsylvania. Cos'è la Pennsylvania?

Oggi ci sono le primarie in Pennsylvania, dai toni particolarmente acuti perché si ha l'impressione che se Hillary perde qui, non vincerà più. Sul Washington Post c'è una bella mappa sociopolitica dello stato, con tante bolle e aree recintate e altrettanti approfondimenti su come votano gli elettori. Roba che nessun giornale italiano si è mai lontanamente sognata di fare con la famigerata pedemontana... ma non importa.

La Pennsylvania vota, ed è uno stato bizzarro, con un'identità divisa, geograficamente in transizione. Molto diversa da stati compatti come Massachusetts e Maryland, ad esempio. All'estremo est c'è Philadelphia, "Philly", città della rivoluzione americana, colta, illuminista, compassata, atlantica insomma; e siamo ancora dentro alla grande conurbazione del Nordest, che comincia da Boston e finisce a Washington. Se invece ci si addentra nel cuore dello stato, è tutta un'altra storia, quella dell'America industriale e rurale, che culmina con Pittsburgh, ed è già Midwest, è già entroterra. Penso alla Pennsylvania Polka, al giorno della marmotta, e così via.

Me lo aveva detto già Kevin, un amico americano che studiava a Boston ma veniva da Macungie, contea a meno di cento chilometri da New York e Philadelphia: "io sono della parte civilizzata della Pennsylvania... io non sono uno di quei morons dell'ovest". Per chi non lo sapesse, morons vuol dire bifolchi.

Wednesday, April 16, 2008

Chiara. Ritratto di una neo-leghista

Chiara ha votato Lega. Ha diciannove anni e abita a Milano, in una via centrale, vicino alla cintura delle circonvallazioni. E' stato il suo primo voto. A Chiara piace la musica, ne ascolta moltissima, tranne jazz e classica che un po' le mettono noia e un po' tristezza. Rock, metal, punk, e altri generi che io spesso ingiustamente confondo tra loro, solo perché non li ascolto. Poi suona, la batteria, da qualche anno. A Chiara ho chiesto se le piace la poesia, mi ha risposto che no, la poesia la annoia. Non è vero. Chiara vive di poesia metropolitana, che si accende sulle parole fluide e sintetiche e dell'inglese, "I'm a stargazer", ha scritto come proprio profilo su Msn, "sono una contemplatrice di stelle". In fondo, non è così lontano da quel "Lately I found myself out gazing at stars" di Chet Baker che piace a me.
Chiara ha fatto le medie e il liceo linguistico al Colonna, in pieno centro. Ha passato cinque, otto anni a sbuffare degli amichetti pretenziosi e sancarlini, e un giorno ha trovato una canzoncina americana, "high school never ends", che dice le stesse cose che ha sempre detto lei: il mondo continuerà ad essere pieno di montati e di figli di papà, bisogna imparare a scansarli. I suoi sono due professionisti con un reddito medio, molto benestanti nei tardi anni Ottanta, diciamo fino al crinale del 1992 e della svalutazione della lira; poi, come tutti noi, sempre più schiacciati dal peso di uno Stato invadente e inefficiente. Ora sono due esponenti della nostra sconfinata "classe media".

Chiara ha una vita de-ideologica. Non legge giornali se non una volta ogni tanto. Ascolta i telegiornali ma non troppo. Ignora la politica con uno sbuffo e un sopracciglio inarcato. Ricorda della cultura scolastica solo quello che le interessa, il resto lo evita, ma non è un'ignorante. Conosce tre lingue bene, di cui una, l'inglese, molto bene, fino alle sfumature, fino ai termini dello slang; e altre due un po' a tentoni. Ha viaggiato, è stata in quasi tutta Europa e in molti posti del mondo, riportandovi ogni volta le proprie impressioni così estremamente soggettive ed eclettiche da restare confinate in un variopinto album dei ricordi, senza pretese, senza sociologia: "Parigi non mi piace perché puzza". "Ad Amsterdam le biciclette ti tirano sotto". "Delle Mauritius ricordo solo i temporali e la camera d'albergo".
Sotto le finestre di casa di Chiara, la notte, si affollano i viados e i loro affamati acquirenti, e soprattutto una piccola ma folta criminalità notturna legata allo spaccio di droga. Lei li guarda dal balcone, buttando un occhio al di là delle piante della mamma, e poi ancor più sotto, oltre gli alberi della via. Si sfiora il naso con il polso sottile, i bracciali argentati che le tintinnano un poco. "Una volta non c'erano, quelli. Non sono aggressivi ma per me che torno la sera in motorino dalle prove di batteria non è un piacere trovarmeli sul marciapiedi. E poi sai...". Certo. Non si sa mai. Qualcuno di quel giro potrebbe metterle gli occhi addosso, e poi le mani, a lei che è bella ed esile, coi suoi lunghi capelli scuri e la pelle delicata. Anche a questo ha pensato Chiara quando nell'urna ha dato il suo voto alla Lega.

Quanto ha in comune questa giovanissima, e mille come lei, con la cultura repubblicana del dogma costituzionale, con gli appelli antifascisti, con la storia tormentata della prima repubblica, e poi con l'antiberlusconismo, con la retorica del conflitto d'interessi, con i turbamenti e gli esperimenti del cattolicesimo democratico? Niente, niente, niente. Allora vuol dire che Chiara è una di destra? No, no, no. Lei rifiuta ogni cultura politica novecentesca, anzi quasi ignora che cosa sia stato il Novecento, in termini di deposito politico e ideologico. E' indifferente anche a Berlusconi, "non sapevo neanche che la Lega fosse collegata a lui", mi ha detto dopo aver votato. Per lei la politica semplicemente non ha nulla di sacrale. E' una necessaria amministrazione della cosa pubblica, da farsi in modo silenzioso e indolore. Non desidera doversene preoccupare. Non capisce le ragioni per cui io e tanti come me ci accapigliamo dietro alla passione politica, le sembrano cose lontane dalla vita reale, fatta di amore, rabbia, gioia, disperazione, entusiasmo, scoramento, allegria, seduzione, follia. Chiara vive di emozioni, quasi atomizzata in questa contemporanea chiusura e apertura al mondo. Sempre sul suo profilo Msn, leggo "smooth as silk, cool as air... blue as ice and desire". E' quello che Chiara è, fatta di acqua, trasparente, luminosa.

Chiara ha votato portandosi dietro i suoi valori. Verità, sincerità, schiettezza, semplicità, coerenza. Qualcosa di immediato, istintivo, non razionale ma molto logico, le ha detto che erano gli stessi della Lega. Forse oltre a Bossi non saprebbe citare il nome di un solo leader leghista, ma non ha alcuna importanza. Il suo voto è americano, molto leggero, davvero libero, ma non incosciente.

Chiara ha votato Lega, ed è solo una delle tante cose che ha fatto il 13 aprile 2008. Un paio di ore dopo qualcuno l'ha vista baciarsi col suo fidanzato, di due anni più vecchio, sul sellino del motorino. Ecco, quello per Chiara è molto più importante.

Fine del ricatto democristiano?

Ora che i dati della composizione del Senato si sono precisati, ci terrei a sottolineare un elemento di assoluta novità nella storia repubblicana, che finora i giornali hanno quasi ignorato. E' la fine del potenziale "ricatto" democristiano sulla maggioranza.

I democristiani hanno sempre esercitato un ruolo-chiave nel parlamento. Prima, per la loro forza numerica: erano il primo partito italiano. Ma anche dopo il 1992-93, quando la DC scompare: le maggioranze della seconda repubblica sono state sempre condizionate, per la loro esiguità numerica, in almeno una delle due camere, dal numero determinante delle varie diaspore democristiane. Anche nel 2001, quando la vittoria netta di Berlusconi si portava dietro, al Senato, la consistente pattuglia dei 30 senatori UDC. Per non parlare dei rapporti tra Udeur e maggioranza prodiana negli ultimi due anni, finiti come sappiamo.

Da oggi non è più così. La maggioranza ampia di cui dispone Berlusconi al Senato (174 seggi) non è in alcun modo determinata da gruppi democristiani, al massimo da singoli esponenti che non sono più tali dal 1994, quando confluirono in Forza Italia. Questa è una vera, grossa novità (che dobbiamo a questa legge elettorale così tanto criticata negli ultimi anni), e per quanto mi riguarda devo confessare che non mi dispiace granché.

Monday, April 14, 2008

Bertinotti e Boselli. Elogio di due riformisti

E' andato in video poco fa, Bertinotti. Aveva gli occhi lucidi quando parlava con il portamento e l'eloquio del gentiluomo colto che è. Ha ammesso il tracollo, il disastroso esito del suo progetto elettorale sostanzialmente riformista. Poi ha annunciato le dimissioni.

Mi mancherà. E non solo per quella retorica un po' grossolana che girava a destra, quella del cachemire e della erre moscia e degli occhiali nel taschino. Bertinotti era di più, era un sindacalista che veniva dal PSI delle lotte operaie e del confronto con il radicalismo extraparlamentare, abituato a moderare gli estremi e le estreme, a governare la ribellione. Era un vero riformista, che dava un volto presentabile e dignitoso a un partito impresentabile, un bravo ideologo che doveva avere a che fare con quella massa di elettori che tutti i giorni riceve la verità dal Manifesto, e ho detto tutto. La sua uscita di scena apre prospettive un po' cupe, già le varie sinistre critiche crescono e si rafforzano: che fine faranno i voti noglobal che ora sono estromessi dal Parlamento, esclusi dal sistema come forse volevano, con tutta la loro rabbia e il loro acido risentimento? Personalmente ora spero in Niki Vendola. Ma non mi faccio illusioni.

Un pensiero anche a Enrico Boselli, mite, educato, quasi timido; che aveva fatto una campagna bella e pulita anche per uno un po' teocon come me; che aveva avuto il coraggio di portare avanti la rosa del socialismo, che significa qualcosa di più e di meglio degli ulivi e delle margherite. Espulso dal sistema politico, anche lui stava quasi commosso davanti ai microfoni, e alla domanda "si dimetterà ora?" ha risposto, asciutto: "sì, credo proprio che mi dimetterò". Un brivido giù per la schiena mentre guardavo la tv. Onore ai riformisti e in bocca al lupo.

Il grido disperato del Nord

Proiezioni e dati parziali Senato.

Veneto: Lega Nord 26,6%
Lombardia: Lega Nord 18,7%
Piemonte: Lega Nord 11,7%
Friuli Venezia Giulia: Lega Nord 13%
Emilia Romagna: Lega Nord 8,5%
Liguria: Lega Nord 6,5%

Questa è la questione settentrionale nel ventunesimo secolo.

Stasera su Canale Italia


Questa sera a partire dalle 23 interverrò telefonicamente alla trasmissione di approfondimento elettorale di Canale Italia, condotta da Luigi Bacialli, per commentare il voto a Cortina d'Ampezzo e nel Nordest.

Intanto arrivano i primi exit-poll che sembrano confermare l'impennata della Lega e il modesto risultato della Sinistra Arcobaleno, dati previsti correttamente su questo blog poche ore fa.

Il voto cala ma soprattutto in certe zone

Abbozziamo un'analisi. Alle 22, l'affluenza è in calo del 4,0% come media nazionale rispetto al 2006 (dal 66,5% al 62,5%). Presumibilmente andiamo verso un calo finale del 5-6%, cioè un'affluenza intorno al 78% (contro l'83,6% del 2006).

Il calo è più vistoso nelle regioni centrali e nordoccidentali: Piemonte -4,8, Liguria addirittura -6,0, Emilia Romagna -4,9, Toscana -4,7, Umbria -4,0, Marche -4,8, Lazio -5,1, Abruzzo -4,3, Sardegna -5,5. Meno accentuato, invece, nel lombardo-veneto (Lombardia -3,1, Veneto -4,0), dove a uno sguardo veloce mi sembra che cali poco nella fascia pedemontana (Treviso, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, Monza, Milano, Sondrio) mentre l'affluenza scende maggiormente nella "bassa", da Rovigo a Venezia a Cremona e Mantova. Crolla in Friuli Venezia Giulia (-5,4), ma soprattutto a Gorizia e Trieste, meno a Udine e Pordenone.

Calo nettamente più contenuto della media nazionale anche al centro-sud (Campania -3,6, Puglia -3,4, ma non in Calabria e Basilicata, dove invece siamo intorno al -5%) e in Sicilia, che tiene molto bene, anzi quasi non subisce una diminuzione significativa (-1,2%).

Qualsiasi genere di previsione è puro azzardo, quasi astrologia; ma se i dati dovessero essere confermati alle 15 di lunedì, sembra mancare maggiormente il voto nelle aree dove è forte la sinistra antagonista, e tenere maggiormente nelle zone leghiste del nord, e in quelle più moderate del centrosud. Questo è il quadro che vedo io, la mia lettura degli astri, e mi sono già esposto fin troppo.

Friday, April 11, 2008

Ho visto Juno

In un cinema bellissimo sulla Salaria, coi lampadari e le poltroncine di una volta (un po' scomode, ma non importa). Film bello con musiche bellissime. Storia della giovinezza e della vita che si fa largo con la sua irruenza e la sua felice inconsapevolezza. Sulle porte a vetri del cinematografo c'erano i tuorli e gli albumi lanciati dai soliti, nel pomeriggio, ai malcapitati che andavano a vedere il film. Qualche ora prima si era tenuta là la chiusura della campagna elettorale della lista pazza, presente Giuliano.

Un film prudente e affettuoso, leggero ma non superficiale, morale ma non moralista. C'è sempre un fiore che sorge nel pattume degli American Psycho e del distruttivismo sociale. Andate e vedetelo e moltiplicatevi.

Wednesday, April 09, 2008

Identità sudtirolese

Ho aggiunto il link a un sito di un ex compagno di classe, Matteo Pozzi. Matteo fa politica adesso, con la Lega. L'avevo lasciato che discuteva coi miei compagni (e con me) di Oriana, delle elezioni, dell'America e dell'Islam... Matteo non ha rinnegato le sue passioni, e infatti sul suo sito un bel riferimento alla Fallaci, alle sottomissioni al fanatismo, alla guerra al fondamentalismo islamico c'è ancora. Ma il sito racconta qualcos'altro, è un atto d'amore per una terra, l'Alto Adige, che Matteo ha adottato integralmente, da bolognese che era: "il mio Südtirol... non vedo l'ora di tornare fra i monti", scrive. Scherzando, quando l'ho visto in televisione raccontare la sua storia, ho detto che mi sembrava una pazzia lasciare tortellini lasagne e passatelli per quei boschi abitati da gente che a noi Italiani non ci ha mai troppo amati; ma queste sono mie provocazioni, e le vicende e i percorsi degli altri seguono dinamiche estranee alle nostre idee personali. Vedremo cosa farà Matteo, che ha appena cominciato, di questa sua nuova militanza che coincide anche un po', forse, con una nuova identità. Intanto, in bocca al lupo.

Tuesday, April 08, 2008

San Lorenzo

“Fratello, tra un quarto d’ora in piazza a San Lorenzo”. Un sms e stasera si esce con Vanni, con gli strani personaggi suburbani che si porta dietro, con la sua ragazza molisana, Vincenza, che ride e piange con la grazia luminosa di una madonnina del meridione. Quando esco di casa il garzone del bar/chiesa/sala raduni/pizzeria della comunità filippina che ha preso sede accanto al mio portone ha tirato fuori una seggiola e si è seduto a fumare, contemplando la piccola strada angusta, i suoi spazi sordi e grigi. Dalla Prenestina arrivano attutiti i rumori delle automobili in coda. Salto in macchina. Questa sera la fidanzata di Vanni piange e ride più del solito, nel pieno di una sbornia malinconica ha ritrovato il suo ex: lei lo tradì col suo migliore amico, un errore, sì, ma crudele, infame, e così con la schiena curva sotto il peso del senso di colpa la ragazza ascolta i rimbrotti e le amarezze di lui, gridati nel mezzo di un locale di San Lorenzo. Vanni intanto balla, agitando la testa e con essa i folti capelli, gli occhi quasi chiusi, i gomiti puntati avanti e indietro e poi in fuori e in dentro, mimando movimenti e gesti con la serietà di chi fa una cosa per sé, di chi porta avanti un compito, un ruolo esistenziale. Vanni balla da solo; e anche se vive in mezzo alle cose, in mezzo a Roma, in mezzo alla strada, quel ragazzo alto e prestante, con la vocina un po’ stridula che sembra quella di un altro, ha trovato il suo orwelliano ventre della balena, la sua insofferente estraneità al mondo. Un modo di schivare i macigni che stanno sulla via, o se vogliamo di calciare lontano certe domande troppo pesanti che ci ronzano intorno appena cominciamo a crescere, e quindi a soffrire.

Vanni balla da solo, e così blandisce la mia solita timidezza, quella che mi porta a buttarmi in pista sempre per ultimo, allora stavolta ballo anche io un po’ in solitaria, sbronzo come sono, brandendo la Ceres come lo scettro mistico di uno sciamano. Lì vicino c’è Tobias, un amico loro, gay, molto gentile, mezzo brasiliano e mezzo tedesco, mezzo esteta e mezzo nazista. Vanni mi ha raccontato di quella volta che mentre stavano con alcuni amici toscani tutti rossi e filopartigiani Tobias da ubriaco fece il suo doppio outing, lasciandoli muti e sconvolti: “viva Hitler, abbasso gli Italiani traditori del popolo tedesco, e comunque a me piacciono i maschi!”. Un appello assurdo, grottesco, e insieme serissimo, disperato, come forse solo un finocchio può fare. Ora sta là al banco, mite e divertito, pilucca qualcosa, dei salatini, mentre gli occhialetti traballanti gli pendono sul naso leggermente adunco. Da un anno e passa lavora in Italia, a Roma, “l’unica capitale europea dove potrei vivere tutta la vita”, dice. Prima ci avevo parlato un po’, scoprendo che conosce Cortina, e passi, ma che anche Bassano, Schio, Trieste non gli sono estranei. Ama l’Italia e la sua letteratura, anche quell’Aldo Busi che avevo incontrato nel pomeriggio sul 492, mentre parlava cafone al telefonino, a tutto volume. “E’ una checca isterica, Aldo Busi”, dice Tobias.

Vanni continua a ballare, ma ora Vincenza singhiozza, il suo ex deve averle detto qualcosa di brutto. Ce ne andiamo. Poi scopriremo che le ha fatto dei ricatti morali un po’ meschini, ma Vanni è severo, “adesso piange sulle stronzate che ha fatto lei stessa”, dice mentre ci incamminiamo sulla via di San Lorenzo, Vincenza poco più indietro che si fa consolare da Tobias. “Perché sai, io sono tanto sensibile...”, la sento dire. “Io no, a me piace il buco”, risponde Tobias con ammirevole onestà.
Pezzi scombinati e quasi surreali di una notte di primavera a Roma, che si compongono e scompongono con allegra casualità, che salgono liberi verso il buio, mentre il mondo di fuori è remoto e dimenticato.

Sunday, April 06, 2008

Who reads what

1. The Wall Street Journal is read by the people who run the country.

2. The Washington Post is read by people who think they run the country.

3. The New York Times is read by people who think they should run the country.

4. USA Today is read by people who think they ought to run the country but don't really understand the Washington Post. They do, however, like their statistics shown in pie chart format.

5. The Los Angeles Times is read by people who wouldn't mind running the country, if they could spare the time, and if they didn't have to leave LA to do it.

6. The Boston Globe is read by people whose parents used to run the country and they did a far superior job of it, thank you very much.

7. The New York Daily News is read by people who aren't too sure who's running the country, and don't really care as long as they can get a seat on the train.

8. The New York Post is read by people who don't care who's running the country, as long as they do something really scandalous, preferably while intoxicated.

9. The San Francisco Chronicle is read by people who aren't sure there is a country or that anyone is running it; but whoever it is, they oppose all that they stand for. There are occasional exceptions if the leaders are handicapped minority feminist atheist dwarfs, who also happen to be illegal aliens from ANY country or galaxy as long as they are Democrats.

10. The Miami Herald is read by people who are running another country but need the baseball scores.

11. The National Enquirer is read by people trapped in line at the grocery store.

Wednesday, April 02, 2008

Milano e Verona, le convulsioni del cattolicesimo padano

A Milano la Curia critica gli sgomberi dei campi Rom abusivi effettuati dal Comune in zona Bovisa (link all'articolo non firmato, sul sito molto moderno e sofisticato della diocesi). "Si sta scendendo abbondantemente sotto i limiti stabiliti dai fondamentali diritti umani", recita polemicamente l'articolo, che come sottolinea Repubblica è sicuramente stato letto e approvato dal vescovo Tettamanzi. E' solo uno dei tanti episodi di frizione tra un'amministrazione pubblica che interpreta, nelle città del nord, la domanda di ordine e sicurezza che viene dalla cittadinanza, e una certa Chiesa umanitarista e sociale che risponde con l'imperativo della tolleranza, suggerendo risposte ai politici e bacchettandoli ove necessario.

Succedeva anche a Verona (come ricorda Alfieri in "Nord terra ostile") con il precedente vescovo Carraro, francescano, di tendenze molto moderniste ed ecumeniche, e il precedente sindaco, il cattolico democratico Paolo Zanotto. Personaggi legati da una reciproca intesa che aveva portato la Curia a sostenere discretamente la candidatura Zanotto nel 2002. Un modello fallito: a Carraro è succeduto mons. Giuseppe Zenti, più tradizionalista, che appena arrivato ha definito la situazione della diocesi "se non tragica, drammatica"; e Zanotto è stato fatto a fettine alle elezioni 2007 dal candidato leghista, Tosi, che passato al primo turno con oltre il 60% dei voti.

C'è una partita importante che si gioca nel Nord Italia, tra due interpretazioni molto diverse del ruolo della Chiesa sul territorio, nell'assistenza alla popolazione locale. L'immigrazione, la sicurezza, la legalità ne sono capitoli fondamentali.