Monday, May 28, 2007

Fotografie / 2


Il Minivan

Lussureggiante California





Gelato italiano in Little Italy.
Siamo i soliti provinciali!

Fotografie / 1





















Grand Canyon, Arizona, con Lorena



Margaritas, San Diego, con Lorena e Mayumi, giapponese






Con Florencia, indonesiana

Saturday, May 26, 2007

California

Il brivido eccitante delle superstrade californiane!
Abbiamo il nostro Minivan, un macchinone da otto posti più ampio bagagliaio. Lo paghiamo 1.300 bucks per tredici giorni, divisi in sei persone quali siamo. E' quasi più grande della stanza d'albergo dove alloggiamo qua a San Diego.

Ieri eravamo immersi in una superstrada a dieci corsie: quei serpentoni giganteschi che si arrampicano su per la roccia rossa della California, grandi fiumi di asfalto e grandi macchine con dentro grandi guidatori anglosassoni. La roccia spunta ovunque, anche nel mezzo della città, in grandi blocchi isolati - roccia che ha qualcosa di primordiale, giurassico, macchiata com'è scenograficamente del verde scuro della vegetazione.

San Diego è bella e fredda. Molto linda e curata, fresche le temperature, clima umano poco latino, un po' distaccato. Ho capito davvero che cos'è la California quando siamo usciti dalla superstrada e davanti alle finestre del Minivan sono comparse le decine di villette con giardino che fanno i quartieri residenziali di San Diego, ciascuna diversa dalle altre, ciascuna tutta a sè stante, la propria libera e disordinata vocazione lasciata a svilupparsi in totale assenza di ogni vincolo di coerenza urbanistica: dal tempietto neoclassico alla casa rurale tudor, alla hacienda messicana, alla capanna del New England in legno dipinto, come scherzava Woody Allen in Io e Annie.
Siamo stati all'Hotel del Coronado, quella bella struttura vittoriana coi tondi tetti rossi affacciata sul Pacifico dove Marilyn suonava l'ukulele in A qualcuno piace caldo. Ora ci vengono in vacanza gli Americani della upper-upper-upper-class, che mangiano sushi e sashimi nella sala ristorante mentre le figlie di nove anni pagano il gelato con la carta di credito personale. L'acqua minerale costa 4 dollari a bottiglietta... Ecco, la fichetta San Diego è così: ti inculano, ma con dolcezza.

Sulla superstrada abbiamo raggiunto il confine con il Messico, l'alta barriera grigia che separa il primo dal secondo mondo, un po' come il Canale d'Otranto, ma lì almeno ci sono cento chilometri di acque dell'Adriatico ad occultare pietosamente le differenze tra Italia e Albania. Qui invece il salto è brusco, e dagli USA vedi Tijuana, a pochi chilometri, e le sue casette bianche scrostate, e persino la linda e graziosa San Diego, man mano che ti avvicini al confine, diventa un brutto sobborgo.

Vedo il mondo dalla superstrada, e mi sento, ci sentiamo, straordinariamente liberi, con la nostra macchina-casa che ci portiamo dietro. Domani con la stessa macchina andremo a Los Angeles. Là incontrerò Alfonso, cugino fuggito nel 1990 che non ho mai visto. Sono curioso... Fonsi, chi sei, come sei? Che faccia hai? E' tempo di ritrovare un volto e un frammento di una famiglia fragile e dispersa, di ricomporre il quadro, di far sì che assomigli almeno un po' alle belle famiglie latine floride e numerose come quella di Lorena, che un po' invidio. Non lascerò che il tempo faccia brandelli della mia famiglia sfigata: in questa trasferta americana ho dovuto lasciare qualcosa dietro di me, a Boston, in modo irrimediabile, ma so che qualcos'altro aspetta di essere portato alla luce, a Los Angeles. E' la mia frontiera e il mio riscatto.

Wednesday, May 23, 2007

Skywalk

Abbiamo noleggiato una macchina e siamo andati fino al Grand Canyon, fino al ciglio cioè, su quella piattaforma di vetro sospesa sul baratro che si chiama Skywalk. Una deliziosa ragazza di Aspen, Colorado, mi ha chiesto se avevo le vertigini. La domanda era retorica, credo. La risposta comunque intuitiva, visto che stavo aggrappato al corrimano di acciaio in posizione colpo-della-strega, le nocche bianche e il volto sbiancato. Le ho detto che ero un montanaro come lei, anche se magari non lo sembravo. "Di dove?" mi fa, di Cortina, "ah, credo di averla già sentita", dice. Era carina e biondina e molto a suo agio. I miei compagni di viaggio stavano a un paio di metri di distanza, in mezzo alla passerella, a saltare forsennatamente per vedere se la struttura reggeva. Per salire sul coso c'erano alcuni gradini. Nel salirli ho pensato a Maria Antonietta che prima del patibolo si prese uno spigolo sulla fronte per non abbassare il fiero sguardo e l'ho ammirata sinceramente. Io che sono un borghese discendente di famiglia borghese non ho gli stessi problemi di portamento.

Il deserto del Nevada e dell'Arizona non è proprio deserto deserto, semmai una immensa distesa di arbusti bruciati dal vento e di piante grasse e spine e mimose senza fiori. L'abbiamo attraversato con la nostra macchinona su una lunghissima strada sterrata, una ventina di chilometri. Polvere, polvere dappertutto. Bisogna tenere chiusi tutti i finestrini e se si trova un'altra macchina che sta davanti o la si supera o si rallenta e la si lascia proseguire, perché sennò nella nuvola non si vede più niente. Il clima è migliore del nostro padano: arsura nelle ore del giorno, ma niente afa, e vento tiepido tutta la notte. All'ombra si respira. Al sole ci si asciuga le ossa.

Friday, May 18, 2007

Da Boston a Las Vegas

Sono andato a Boston in cerca di qualcosa che non ho trovato. E' stata una piccola delusione, che avrei potuto prevedere, forse. Sono arrivato in tarda serata, una serata estiva, diversa da quelle che avevo conosciuto nel semestre scorso, piovose, o ventose, o gelide e immobili. Mentre trascinavo il bagaglio sui marciapiedi di Commonwealth Ave ho annusato l'aria densa della tarda primavera e l'ho trovata estranea e poco familiare. Poi nei giorni seguenti ho ritrovato le persone - quasi tutte - che avevo lasciato a dicembre: Miguel, Solenn, Dani, Carlos, Lorena, Aloysius, Giorgia, Owen, Simon, Lynn. Ho ritrovato il luoghi, i nomi, i piccoli punti di riferimento - la libreria di Kenmore, Barnes&Noble, il vecchio dipartimento di Storia con i suoi corrimani di legno scuro un po' scrostati, la fermata della metropolitana di Copley, sporca e cadente. Ma qualcosa manca.
E' l'odore del passato. Il tempo che e' andato non torna piu', e' cosi' banale da dirsi, ma anche le banalita' sono sulla nostra strada, e quando ci capitano non sono piu' banalita' ma rivelazioni, esperienze. Non basta rifare tutto daccapo, fare girare di nuovo la pellicola invecchiata. Il mondo di prima e' rimasto sigillato nella pellicola, e al massimo manda qualche bagliore fugace, qualche flebile segnale, quando proustianamente si toccano e si annusano e si sentono le cose di allora. Ma sono, appunto, momenti, attimi. Io cercavo di ritrovare l'anima del mio soggiorno a Boston, e invece con sorpresa ho scoperto che l'anima se n'era volata via la sera del 25 dicembre, quando l'aereo aveva lasciato il Logan International, e che era rimasto solo tutto il resto. Guai a pensare di dare vita ai cadaveri: e' un'operazione masochistica.

Siamo a Las Vegas. Il vento del deserto brucia nelle narici. Se getti l'occhio tra un palazzo di cartapesta e un altro vedi le alture grigie e pietrose che circondano la citta' a distanza, uno scenario spettrale e bellissimo. Vediamo se questa sera, che e' la prima in giro tutti insieme, mi fara' piacere Las Vegas per quello a cui piace al resto del mondo che viene qui, cioe' come grande baraccone dei grandi. Per ora, invece, sento tanto piu' forte il richiamo della foresta, cioe' della natura, del deserto... Si vedra'.

Saturday, May 12, 2007

Boston, finally

Una figura lontana, in bianco, nell'aria scura. F. la vide avvicinarsi e prendere contorni piu' chiari. Era in Bay State Road, che a maggio profuma di pini e di erba tagliata. Le piccole entrate in pietra delle brownstone, tante graziose scalette grigie, si aprivano sui marciapiedi in una lunga successione, illuminate dai lampioni. Formavano tante isole di luce nel buio della notte. Era l'una e mezza del venerdi' sera. Gli studenti tornavano a casa dalla partita di baseball, dalle feste di addio, dai cocktail in Newbury Street. Lui no. F. era sbarcato a Boston un paio d'ore prima, dopo un lunghissimo viaggio dall'Italia che gli era sembrato non finire mai. Che non finiva mai! E che terminava in bellezza con l'ostello che lo cacciava fuori, "no beds for tonight", perche' non aveva confermato la prenotazione fatta su internet quando aveva visto che stava ritardando. Il tizio al bancone dell'ostello, una specie di fantasma postmoderno, un punk o qualcosa del genere, col suo codino di capelli unti e lo sguardo evaporato, che gli negava una telefonata agli alberghi vicini, e quindici minuti di internet per cercare un altro ostello, "no, mi spiace, internet e' riservato ai clienti". Il cellulare era morto. Allora era andato a cercarsi un telefono pubblico e un elenco telefonico, sudato, stanco, il viaggio che gli si appiccicava addosso, sul collo, sulle tempie, come un'eredita' sgradita. Aveva chiamato in giro, cinque, sei hotel. Volevano una stupida prenotazione online, oppure chiedevano il nome della sua compagnia - "non sono in un'azienda, sono un singolo", aveva detto inutilmente - oppure avevano una bella stanza per 299 dollari. E altre amenita'. Niente albergo. Ma aveva trovato Miguel al telefono. Che aveva fatto una corsa. Eccolo dunque arrivare, ora. La figura si faceva piu' nitida, lo riconobbe. Correva. Si salutarono.
Il viaggio era finito.

Sunday, May 06, 2007

La rivoluzione francese

C'è stato un momento, negli ultimi due anni, in cui in molti abbiamo temuto per una nuova rivoluzione francese. Dalle banlieu, con gli scontri violentissimi dei teppisti, dalla Francia malata e insoddisfatta che ha votato per Le Pen, dai tanti cittadini che nell'era chiracchiana-socialista si sono sentiti fuori dal mondo, fuori dalla storia, si è percepito un sentimento di rifiuto totale. La rivoluzione, archetipo dell'identità francese, come manifestazione di insofferenza inevitabile.

Così non è stato. Ha vinto un'altra rivoluzione, quella di Nicolas Sarkozy, il nuovo presidente della Repubblica Francese. Quella che attendiamo per i prossimi cinque anni è una rivoluzione di idee e non di violenza, che faccia vincere un nuovo umanesimo francese, sottratto all'egemonia socialista e donato al patrimonio ideologico collettivo.

Nicolas Sarkozy ha vinto con un'affluenza record e con un numero assoluto di votanti altissimo. La sua opera governativa sarà dunque fortemente legittimata da questo imponente voto popolare.

Présidentielle - Secondo turno: Liveblogging

20.00 TF1: Nicolas Sarkozy è presidente con il 53%

19.58 Le Monde: Nicolas Sarkozy è eletto con una larga maggioranza
Titolone sul sito di Le Monde, che riassume le rilevazioni di quattro istituti di sondaggi: la media dà Sarko al 53,5%.

19.28 "On a gagné"
Canti entusiastici al quartier generale dell'UMP: "abbiamo vinto, abbiamo vinto". A Place de la Concorde "è come la coppa del mondo", dice Libération.

18.57 Toscano: "so il nome dell'uomo che ha vinto"
Ghignante Alberto Toscano, corrispondente del Giornale e in collegamento al Tg4: "non posso ancora dire il nome dell'uomo che ha vinto".

18.38 Preparativi in Place de la Concorde. Chiusa la métro
La notizia non è nuova - da ieri l'UMP, il partito di Sarkozy, sta allestendo un placo nella centralissima Place de la Concorde, a Parigi. Ma ora Libération, quotidiano gauchista, lo mette in prima pagina. Lo stesso giornale riporta che "si sono sentite grida di vittoria" alla salle Gaveau, Parigi, quartier generale dell'UMP, alla "notizia non confermata di rilevazioni interne al partito che darebbero la vittoria a Sarkozy". Intanto, Le Figaro dà la notizia che "in vista di un assembramento di supporters di Sarkozy" le stazioni della metropolitana Concorde, Tuileries e Madeleine sono state chiuse.

18.29 Le stime del Partito Socialista
Stime interne del Partito Socialista francese basate su rilevazioni nei seggi darebbero Nicolas Sarkozy vincitore al 54%. Lo riferisce la televisione francofona svizzera tsr.

Il Liveblogging di Tocque-ville
Salutiamo gli altri bloggers di Tocque-ville che seguono in diretta l'elezione presidenziale francese: Daw, Mario Sechi, Neocon Italiani, RDM20, StarSailor.

18.17 TNS-Sofres: affluenza finale all'86%
Se confermato, il dato sarebbe il più alto della Quinta Repubblica dopo il record del 1974 (87,33%).

18.09 Le Soir: Sarko 53-56%
Per il quotidiano belga Le Soir, Sarko oscilla tra il 53 e il 56%. Ma, inutile ricordarlo, stiamo inseguendo exit-poll svolti con chissà quali metodi. Attendons!

17.56 L'affluenza finale sarà tra l'85 e l'86%
L'affluenza finale al secondo turno sarà dell'85% secondo IFOP, dell'86% secondo CSA e Ipsos.

17.41 Le Temps e La Tribune: Sarko 54%, Royal 46%
Le Temps precisa: alle 16.15, secondo i propri exit-poll, il distacco tra i due contendenti sarebbe dell'8% per il candidato UMP. Identico responso della Tribune de Genève: Sarkozy oscillerebbe tra il 53 e il 55%. Intanto Sarko ha raggiunto verso le 17 il proprio quartier generale.

17.20 Alle 17 ha votato il 75,11%
E' arrivato il dato delle 17: 75,11% di partecipazione, il più alto dal 1965. Al primo turno, alla stessa ora, era al 73,87%, e al secondo turno del 2002 era al 67,6%.

16.41 Le Temps: "vantaggio di Sarkozy"
Vaghissimo titolo uscito venti minuti fa sull'organo svizzero francofono Le Temps: "secondo tutte le nostre prime informazioni basate su differenti exit-poll (soprattutto dei dipartimenti d'Oltremare) il candidato della destra, Nicolas Sarkozy, sarebbe in testa". Stesse controindicazioni della Tribuna di Ginevra.

15.03 La TdG: Sarkozy accresce il distacco
Secondo la Tribuna di Ginevra di ieri, i sondaggi delle ultime ore, non pubblicabili in Francia nelle 48 ore precedenti il voto, dicono che Sarko cresce ancora sulla Royal: ora il vantaggio sarebbe "tra 8 e 11 punti". Ma la Tribune, quotidiano svizzero che rischia grosso per l'accusa di influenzare le elezioni francesi, le aveva anche sparate grosse nel pre-primo turno. Da prendere con cautela.

14.39 Cresce ancora l'affluenza
Alle 12 ha votato il 34,11%, il tasso più alto di partecipazione a midi dal 1974. Cresce rispetto al primo turno (31,21%). A Parigi, la progressione è ancor più elevata: 29,25% rispetto al 24,56% del 22 aprile. Nei territori d'Oltremare e presso i Francesi all'estero il voto, tenutosi ieri, si è chiuso in forte rialzo. Non c'è molto di nuovo, tuttavia: sempre dal 1974, ogni secondo turno nella Quinta Repubblica ha richiamato più Francesi alle urne del primo, con aumenti dall'1,3% all'8,2%.

Friday, May 04, 2007

Perché Sarko sarà più importante della Merkel


Se domenica i Francesi dovessero confermare il responso del primo turno, e cioè il grande entusiasmo con cui hanno sostenuto la candidatura di Nicolas Sarkozy presidente, allora è possibile che qualcosa cambi davvero per tutti noi, in Europa.

Quello che Sarko promette - lo abbiamo visto in questi mesi - è più di un nuovo governo, o di un programma efficace, che resterebbero chiusi nel recinto del minimalismo. Il candidato dell'UMP ha parlato invece di una vera rivoluzione culturale, che "liquidi" una volta per tutte l'eredità del '68, e con essa le stanche categorie intellettuali del "politicamente corretto", del "pensiero unico", della fuga nell'irrealtà. Non è nuovo che a destra ci si lamenti delle nefaste conseguenze del '68; è invece un fatto degno di nota che un candidato alle elezioni scelga di farne un cardine del suo programma, e che chiuda la campagna elettorale parlando di questo anziché di tasse, salari o poliziotti di quartiere.

C'è un'altra ragione per cui questa elezione può avere conseguenze storiche. Da sempre la Francia è il polmone culturale d'Europa, quanto la Germania ne è il motore economico, la Gran Bretagna la porta aperta sul mondo, l'Italia il verde giardino. Dal primo medioevo (vedi Madariaga) la Francia ha avvolto l'Europa in una grande fascinazione, in una rete di idee luminose. In Francia è nata sul piano teorico la modernità, mentre in Inghilterra la si sperimentava. E dalla Francia sono nate, attorno all'adesione o al rigetto di questa modernità, le sfumature politiche della destra e della sinistra (vedi Galli Della Loggia). In questo senso, i cambiamenti politici che avvengono in Germania, ad esempio, che a diritto dovrebbero contare di più (se non altro per una questione di demografia e di economia) non sono ugualmente importanti per tutti noi: anche per questo, e non solo per la simpatia che ci suscita Sarko, attendiamo con interesse e speranza il risultato di domenica.

Thursday, May 03, 2007

Aggiornamenti sulla Présidentielle

1. E' arrivato l'endorsement ufficiale di Jean Marie Colombani, direttore di Le Monde, per Ségolène Royal. Curioso, dalle parole del direttore sembra quasi più forte la preoccupazione per le sorti del Partito Socialista che per quelle del Paese. Infatti: "la sconfitta [di M.me Royal], soprattutto se fosse pesante, farebbe piombare inevitabilmente il PS nei regolamenti di conti, il ritorno in forza di tutti gli arcaismi e di tutte le utopie negative". La sua vittoria, invece, darebbe il la alla trasformazione della sinistra. Conclude Colombani, con una discreta torsione logica: "è una scommessa. Per il Paese, merita di essere giocata".

E questo nonostante nello stesso editoriale si ammetta la "debolezza" del programma socialista, l'assenza di "misure-faro" davvero riformatrici, e si constati la differenza, ad esempio, con Jospin 97 e le sue trentacinque ore. Mah. In compenso, per Colombani, Sarko è portatore di una "concezione che antagonizza" le parti sociali, e il suo potere sui media chiama alla "vigilanza". Da una parte, spiega, c'è la Royal che rappresenta i ceti medi; dall'altra, Sarko è l'uomo dei ricchi e dei poveri, dei due estremi. Allo stesso tempo, però, il direttore di Le Monde ammette che Sarko ha "rifondato la destra" e che il suo è un progetto "coerente e controllato. E' per questo che era assurdo demonizzarlo". Gli fa eco Franz-Olivier Giesbert, dalle colonne di Le Point, quotidiano di centrodestra: la demonizzazione di Sarkozy si sta rivelando "un boomerang", perché "l'odio e l'isteria non sono dei buoni mezzi di comunicazione".

2. Bayrou: non voterò Sarko. Dopo il dibattito di ieri, il capo dell'UDF fa un altro passetto verso i socialisti, attraverso una negazione anzichè un'asserzione, com'è nel suo stile. Riuscirà a dire "Ségolène" entro il voto di domenica? Mi scrive Solenn, elettrice cattolico-moderata di Sarko: "non mi piace questa tattica poco chiara di Bayrou". Forse non è la sola.

3. Ieri c'è stato il dibattito pubblico tra Sarko e Ségo, seguito da milioni di spettatori in Francia e forse anche da qualche consistente migliaia di Italiani che, come me, si sono del tutto disinteressati alle vicende del Milan e hanno invece optato per la diretta di La7. Tutti si sono complimentati con la Royal per la grinta e la decisione (a tratti un po' demagogica) con cui ha attaccato il suo avversario. Io mi complimento per la scelta del look, che per l'ennesima volta era semplciemente perfetto, una delizia di neri e di bianchi. Ma i Francesi sembrano averle preferito Sarko: secondo una rilevazione Opinionway pubblicata da Le Figaro il 53% degli spettatori giudica Sarko "più convincente", rispetto al 31% che gli preferisce la Royal. Il candidato del centrodestra trionfa tra gli elettori centristi: 51 a 25. E' giudicato più "rassicurante". Forse avrà pesato il momento topico in cui Ségolène socialista si è detta "in collera" per come Sarko aveva trattato il tema degli handicappati. La risposta del suo contendente, imperturbabile: "calmatevi, Madame". "No che non mi calmo!". "Un Presidente della Repubblica deve essere calmo", ha risposto Sarko.

4. Ha avuto un discreto impatto, durante il meeting a Bercy, Parigi, il richiamo di Sarkozy al generale De Gaulle: in platea era seduto il figlio, Philippe, che si è quasi commosso. Nei giorni scorsi si era affrettato a dire che lui voterà certamente per Sarkozy, cosa che i Francesi potrebbero tenere in un certo conto. Altro illustre supporter sarkozista: Valery Giscard D'estaing, fondatore dell'UDF.

5. Infine, il sondaggio Ipsos: per l'istituto che è andato più vicino all'azzeccare i risultati del primo turno, a tre giorni dal voto non c'è storia: è un 46,5% a 53,5% per Sarko, sette punti di distacco. Sono molti. Stiamo a vedere.

Tuesday, May 01, 2007

Piccola guida della Venezia Giulia per irredentisti del XXI secolo

A Albona. Sta in cima a un cucuzzolo sulla strada tra Pola e Fiume. Di Italiani ce ne sono pochi, pochissimi. Sotto al paese sta l'agglomerato minerario di Podlabin, all'inizio del Novecento era un feudo socialisteggiante. Qui le due etnie si sono fatte la guerra e almeno tredici dei nostri sono finiti nelle Foibe. Con Renato, amico napoletano, buttiamo un occhio dentro alla chiesa principale: ci sono i bambini che si preparano per la comunione, pronunciano il proprio nome al microfono uno dopo l'altro, sotto l'occhio delle mamme un po' apprensive e del parroco rustico e bonario che li riprende se parlano troppo piano. Ma in mezzo ai Radovich e ai Bogdanovich ecco "Elisa Luciani", 8 anni, biondina, scandisce il suo nome forte e chiaro. Per noi sulla soglia della chiesa è un piccolo tuffo al cuore.

B Belle Epoque. Un'orgia di belle époque ad Abbazia, sulla costa orientale dell'Istria, a due passi da Fiume. Che delizia venire a fare "la villeggiatura" nel 1910 in questa San Remo degli Asburgo, quando al gran caffè del centro venivano a suonare Strauss e l'estate volava in un passo di valzer... Ma anche vent'anni dopo, quando sotto ai porticati delle villette triestini e fiumani si trovavano a raccontare l'ultimo lavoro di Puccini. Un mondo scomparso.

C Costantinopoli. Lontana e vicina, unico tramite culturale per i Parentini e i Rovignesi e gli altri romanici della costa adriatica nell'altissimo medioevo, quando a dieci chilometri, nella campagna dell'entroterra, correvano le bande slave e la strada era dunque sbarrata. Capodistria si chiamava Giustinopoli. A Parenzo leggevano i codici nella basilica rivestita di mosaici dorati, sembra un po' Ravenna. Adesso si può andare a mangiare un buon carpaccio di pesce nel ristorante affacciato sul porticciolo.

H Harry's Bar. Ci era stato segnalato da persona accorta, sull'angolo di Piazza Oberdan, a Trieste, dove partono gli autobus per Barcola. Posto squallido. Da evitare.

K Via Kandler. Una traversa di Via Giulia. C'è un affittacamere molto carino. Da ricordare.

L Lotta Popolare di Liberazione. LPL. Così chiamarono in Jugoslavia la carneficina di Italiani praticata tra il 1943 e la fine della guerra dai partigiani titini. Una sovrabbondanza di targhe nei comuni istriani dove il turismo di massa arriva meno, per fortuna coperte dalle fronde degli alberi e dall'incuria degli abitanti attuali, che al massimo pensano ai benefici economici dell'ingresso nella UE. Sulle targhe, gli Italiani sono sempre "fascisti"; i partigiani agirono in nome dell' "amicizia italo-slava".

M Milano. "Siamo di Milano", hanno detto gli sciattoni sul corso principale di Fiume. "Non è che avete roba, o sapete dove la vendono qui..."
Milano, o più probabilmente Rozzano, Abbiategrasso, Quarto Oggiaro: che importa? Questi ragazzotti sono venuti fin qui in cerca dell'Est, concetto vaghissimo e sfumato, approdando a Fiume, ma per loro potrebbe essere Kiev, Praga o Bucarest: importa solo farsi un po' di canne, come nella periferia milanese. Li abbiamo reindirizzati a Lubiana, magari là trovano qualcosa, nelle discoteche dei sobborghi, che si dice siano più mondane e internazionali delle nostre.

N Nomi dei paesi. Laurana, Moschiena, Pinguente, Veglia, Sanvincenti. Erano pieni di musica e poesia, spesso più di quelli dei comuni rimasti italiani, nelle province di Udine e di Gorizia. Ora gli stessi luoghi si chiamano Lovran, Moscenice, Buzet, Krk, Svetvincenat. Guai a chi si dimentica il loro toponimo italiano, e chiama l'amico al cellulare dicendogli di stare a Koper anziché a Capodistria: si merita un internamento in una palazzina scrostata del socialismo reale, di quelle che stanno intorno a Rijeka, pardon, Fiume.

P Pepi. Trattoria a buffet davanti al palazzo della Borsa, a Trieste. Detto universalmente "Pepi sciavo", i Triestini sennò non capiscono. S-ciavo, cioè schiavo, cioè slavo, è l'etimologia, immune dal politicamente corretto. Sosta doverosa per una gran bella mangiata di carne. Molta senape e rafano, quasi una scoperta per l'amico napoletano che, giustamente, a malapena sa cosa siano queste stramberie nordiche.

Q Quarnero, o Carnaro. E' il golfo di Fiume, su cui si affacciano le prime isole dalmate, meta di un prossimo viaggio, spero presto. Dal 1920 al '21 D'Annunzio ci fece la Reggenza del Carnaro, ed evitò una mutilazione e un esodo forzato. Che comunque avvenne, lo sappiamo, a distanza di un paio di decenni.

S Snazionalizzazione. "La violenta politica di snazionalizzazione perpetrata dal fascismo giuliano". Tutte balle. Basta vedersi il censimento segreto del 1936. Croati e Sloveni stavano fermi sulle percentuali di quindici anni prima, dove non aumentavano addirittura. Quando Mussolini lo lesse si incazzò parecchio. Ma niente cambiò anche allora: gli occhi degli Italiani erano altrove, alla "quarta sponda" libica, alla Somalia, all'Abissinia.

T Teognide. Era un grande poeta di Megara, scrisse elegie avvolte da un cupo pessimismo per il degrado dei tempi. Era anche il nickname di un amico conosciuto su internet, e ieri conosciuto in carne e ossa, appuntamento alle dieci e mezza della sera in Piazza Unità, a Trieste. E' un incontro inaspettato, improbabile, inconsueto. Capelli rossi, carni bianche, andatura nervosa. Anche lui ha la sua modernità da criticare, la sua bella retorica densa di disprezzo per il mondo che gli cambia intorno. "Trieste non vale niente - dice - è un emporio sorto dal nulla duecentocinquant'anni fa. Non vedete come è finta, inautentica?" A me più che quello di un conservatore sembra il linguaggio dei neomarxisti, più che Teognide mi pare Walter Benjamin. E' proprio vero che gli estremi si toccano.