Friday, June 29, 2007

Ite missa est

Sia benevenuto il ritorno della messa in latino, annunciato ieri dal Papa (più che un ritorno, una "liberalizzazione" del culto). E non per posa reazionaria, perché genericamente "vecchio è bello".

La messa in latino è finita nei tumultuosi anni Sessanta, nella chiesa post-conciliare. La ragione (benemerita) la sappiamo: l'incomprensibilità di una lingua semi-straniera per la gran parte dell'assemblea. Così però la messa è diventata asciutta e un po' anonima, le si è tolto quel grado di suggestione mistica che la separava dal linguaggio secolare - e, per gli esperti, si sono violentati tanti sottili e fondamentali significati nel momento della traduzione.

Ora la Chiesa si volge di nuovo ai suoi venti secoli di storia e di sedimentazione di una memoria antica per ricavarne un'energia che l'estenuante confronto con la modernità le ha sottratto. In questo caso è il rito della messa in latino, con le sue formule passate sulle bocche di decine di generazioni, il suo potere di evocazione di qualcosa di antico e sacrale, e anche la sua maggiore prossimità - teologica e temporale - al messaggio evangelico. Perché questo nostro grande papa vuole ribadire che da Dio e dall'uomo (cioè dalla comunanza storica umana) la Chiesa trae la propria forza.

Saturday, June 23, 2007

A Nizza










Sunday, June 10, 2007

Ritorno

L'Italia mi ha abbracciato come una madre.

Ho fatto un paio di scalini dall'aereo British Airways verso la navetta dell'aeroporto di Linate e l'ho sentita su di me, tiepida e narcotica. Dopo ore di aria condizionata che mi avevano stordito a sufficienza è stato come tornare in un utero primordiale. Che ci possiamo fare. E' questo nostro Paese meraviglioso e malato, che trasforma e ammorbidisce l'animo, che induce alla pigrizia, all'abbuffata, allo sbadiglio. Sull'autobus per Milano mi casca l'occhio su un paio di belle gambe che da sole valgono tutte le pallide mascolinità delle americane, ed è come una boccata d'aria, la deliziosa sensazione che sono a casa, di nuovo, in mezzo alla mia gente, così bella e stupida - così bella, soprattutto.

Il viaggio si è concluso in modo inaspettato. Quando un paio di mesi fa mi avevano detto che veniva anche lui, Daniel, lo spagnolo, avevo temuto qualche scintilla. Non ci eravamo mai piaciuti. Però si doveva viaggiare. Poi mi ha provocato un po' - una tirata sugli orari per un ritardo minimo, una sciocchezzuola, uno spunto per farmi incazzare. Ci è riuscito. Gli ho detto che era un pezzo di merda e per poco non ci siamo presi a botte. E' stato meglio così, probabilmente. Salutare, veritiero. Un brivido di sincera ostilità.

Ho salutato gli altri e me ne sono andato nello Yosemite con dei ragazzi che avevo appena conosciuto nell'ostello di San Francisco. Lo Yosemite è un posto meraviglioso. Ho nuotato nei laghi e nei fiumi e camminato su lastroni di granito impressionanti. Poi son tornato a Boston e a NYC, sempre bevendo litri e litri d'acqua (come mi ha consigliato il mio parente ritrovato) e pisciando praticamente ovunque, dalle sequoie giganti ai cespugli dei quartieri residenziali di Boston.

Ora son qua, con il mio fuso orario sulle spalle come il fardello dell'uomo bianco, del viaggiatore. Ricordi e sensazioni, un lungo viaggio intenso e vivace che si chiude come un cassetto. Penso agli altri padovani che sono ancora in viaggio, in Sudafrica, da qualche parte, a cercare i luoghi e i volti della nostra strana diaspora veneta.

Domani sera si esce, con gli amici di sempre, che nel frattempo, sento, si son dati da fare. Stasera elezioni in Francia e in Italia, un'altra overdose di distrazioni e di analisi politica e di mappe elettorali e cifre e grafici e bandierine. Utili, indispensabili per non pensare ai casi propri - al passato, al futuro, alla strada tortuosa su cui ci troviamo.