Friday, April 25, 2008

La "patologia" dei democrats

Nelle primarie in Pennsylvania Hillary ha vinto molto bene, anche meglio degli exit-poll che le davano 3-4 punti di vantaggio sul rivale. C'è una storia ormai tormentata in questo voto democratico 2008, il senso di una competizione senza fine, ribadito puntualmente dai titoli degli editoriali e dei commenti: "problemi" in casa demoratica, "disperazione", "incubo", anche "storia infinita", come titolava oggi il Foglio.

Toni claustrofobici, forse perché la sfida interna ai democratici sta andando oltre alla semplice gara sui programmi e sulle personalità dei leader. Quella in cui si trovano i democratici è una vera patologia del non decidere, del non decidersi: di fronte alla difficile sfida di ottobre, e al rischio di una terza batosta elettorale, la sinistra americana sembra paralizzata dalla paura di dire la sua, in modo definitivo.

Così i democratici giocano a dividersi, a spaccarsi in due come una mela. Si stanno già facendo molto male. Possono uscire dalla spirale accontentandosi delle qualità di uno dei due candidati, che sono entrambi piuttosto forti; e soprattutto, pensandosi finalmente un po' più "in grande", e cioè in quel ruolo di vera guida della nazione, che - pur nei mille difetti - i repubblicani non esitano invece da quasi trent'anni a sposare senza troppi complessi e timidezze.

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