Riassunto telegrafico delle ultime ore: dopo la lettera dei 67 professori e le proteste di alcuni studenti in università, ieri verso le 17 il Vaticano conferma: "opportuno soprassedere", la visita non si fa. Pochi minuti fa, il cardinale Ruini diffonde un appello: "tutti in Piazza San Pietro domenica prossima", per sostenere il Papa.
Probabilmente domenica ci sarò anch'io (tracheite permettendo). Ma tutto questo non va bene.
La cifra della diversità italiana, la sua fondamentale unicità nel panorama della chiese europee, è stata la presenza costante nella sua storia di un cattolicesimo insieme forte e dolce, diffuso e aperto, la fusione evangelica di questo pensiero col pensiero laico, la sua impossibile estromissione dal panorama culturale del Paese. Questo è ciò che ci distingue dalle aspre battaglie - molto identitarie, poco religiose - combattute in Spagna o in Polonia tra conservatori devoti e sinistre ciecamente laiciste; o dalla situazione sconfortante del cattolicesimo francese, dove la maggioranza dei credenti ha assunto per paura una posizione remissiva e subordinata ai dettami della Dea Ragione rivoluzionaria (mentre una esigua minoranza insegue l'estremismo cupo dei Maurras e poi dei LeFebvre). Non parlo poi del deserto di fede creatosi nelle nazioni protestanti.
Questa è stata la nostra differenza irrinunciabile e magnifica rispetto alle drammatiche fratture prodottesi nel resto d'Europa: da noi cattolici e laici, cattolici e liberali, cattolici e comunisti persino, hanno camminato mano nella mano per decenni, e questa forma compromissoria, con tutti i suoi difetti infiniti, ha però permesso che un vero scambio non venisse mai meno, e che i semi della fede permeassero il nostro tessuto umano e civile. Soprattutto, che dei veri credenti con le loro vere testimonianze portassero la propria esperienza anche all'interno della sinistra: e non penso solo a Moro o a La Pira ma anche alla tanto vituperata Binetti.
Il risultato? In Spagna possono anche andare in piazza due o tre milioni di credenti a gridare che "la famiglia, sì, importa", ma poi Zapatero la sua legislazione arrogante e violenta la porta avanti comunque. In Italia no (finora). In Italia si discute di come arginare la tragedia dell'aborto, in Spagna il fatto religioso è ridotto a una questioncella di costume. Se oggi il "modello italiano" è in pericolo, però, c'è un solo responsabile. Esso è quel "fronte laico" che con tutta la sua ignoranza e il suo bigottismo chiude le porte in faccia al Professor Ratzinger venuto a spiegare, a chiarire, a portare la luce.
Wednesday, January 16, 2008
Perché l'Italia non diventi la Spagna
Pubblicato da francesco c. a 1:36 PM
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