Friday, August 11, 2006

Il quasi-attentato del 10 agosto

Tra meno di quindici giorni ci saremo noi, io e Giorgia, su quegli aerei, che tutti i giorni fanno la spola tra Heathrow e Boston. Difenderemo il nostro diritto alla normalità, a viaggiare, a spostarci. Ma, si sa, siamo a rischio, come è a rischio Cristiano tutte le mattine quando per andare in facoltà prende la Metro, linea blu, come è a rischio Guja quando torna dalle vacanze esotiche con la famiglia, come Giulia, come Mario che ieri viaggiava su un treno tra Bologna e Napoli, in una tratta ad alta percorrenza, come Anna, che la settimana scorsa passava il confine tra Italia e Vaticano e andava a riposarsi all'ombra del colonnato del Bernini; come Francesca, che l'altra sera veniva a sentire Magdi Allam in un PalaVolkswagen circondato da imponenti misure di sicurezza; come i miei vicini di casa padovani quando la domenica vanno a sentir messa al Santo. Non c'è discrimine tra noi e il fronte, tra il campo di pace e la trincea.

In queste ore convulse, le parole più sensate sono quelle di Androide:

«mi preme far notare che in Italia si sta cercando di trascinare in tribunale alcuni agenti segreti che ci hanno liberato della non gradita presenza di un imam, i quali agenti sono per estensione dei colleghi di quelli che hanno sventato gli attentati a Londra».

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