Tuesday, August 22, 2006

Hamas come i Cristiani rinati? I dubbi amletici di Sergio Romano

Rossellini, Pintor, Scalfari, Montale, Ungaretti, Buzzati, Luzi, Aleramo, Brancati, Antonioni, Vittorini. E altri. Perché fu facile per tanti intellettuali italiani passare dall’adesione spesso incondizionata al fascismo alla militanza comunista? Se lo chiede Mirella Serri, nel suo libro “I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte 1938-48”. Prova a fornire delle risposte l’editorialista del Corriere ed ex-ambasciatore Sergio Romano, intervenuto sabato sera al PalaVolkswagen. «Il problema non è il loro spostamento di fronte, ma che furono pronti a mentire sul proprio passato senza rimorsi, senza esami di coscienza. In effetti erano tutti fascisti di sinistra: credevano cioè nella necessità di una seconda rivoluzione. Furono contrari all’alleanza con Franco, erano più totalitari che autoritari, avversi ai poteri tradizionali come la Chiesa, la monarchia, l’esercito. Ritenevano necessario un ruolo preminente dello stato etico,quello cioè dotato di una morale e che pensa per i cittadini. Non è difficile dunque capire come abbiano potuto spostarsi a sinistra. Solo, dovettero pagare lo scotto, che veniva loro richiesto da Togliatti, di liquidare il fascismo dandone una immagine univoca e semplificata: l’ultimo “colpo di coda” del capitalismo, della reazione, prima del trionfo del proletariato».

«Ci sono mai stati dei giudizi di cui si è pentito, come quello su De Gaulle o su Gorbacev?», chiede Marina Valensise, giornalista del Foglio. «Ho sbagliato su De Gaulle, non ritenendolo in un primo momento quel grande leader che è stato. Su Gorbacev invece non cambio idea. Continuo a credere che abbia sbagliato quasi tutto: era un comunista e ragionava all’interno di quell’universo di riferimento. Voleva riformare il sistema, non abbattere l’Unione Sovietica. Poi è successo quel che è successo. E chi è morto nelle guerre che sono seguite, in Cecenia, ad esempio, ma anche nel Kosovo o in Bosnia, è morto perché è finita la guerra fredda, cioè perché è crollata l’Urss». «Sì, ma i Polacchi, gli Ungheresi, i Cecoslovacchi…», risponde la Valensise: «per loro è stata una liberazione». «Non tutti abbiamo la stessa percezione degli eventi storici. Noi pensiamo a loro solo perché ci sono più vicini», replica Romano impassibile.

«Ma questo implica che anche la libertà è un valore relativo… lei dunque relativizza la libertà?», si chiede la moderatrice sconcertata. «Ebbene sì», risponde Romano. L’ex-ambasciatore va in rotta di collisione con la Valensise anche su un altro tema: quello del terrorismo islamico. Rifiutandosi di considerare Hezbollah al fianco degli uomini di Al Qaeda che abbatterono le Torri Gemelle, Romano spiega: «sono due cose diverse. Ha ragione D’Alema: Hezbollah come Hamas è un partito politico, che lotta in nome di rivendicazioni territoriali. Hanno al proprio interno un’ala più estremista e una più moderata. D’altra parte, anche in America ci sono cristiani fondamentalisti che credono nella seconda venuta di Cristo in Palestina…». «Sta paragonando i Cristiani rinati al partito di Dio?» chiede interdetta la Valensise. Placida la risposta di Romano: «nel nostro Paese, fino a cinquant’anni fa chi uccideva per onore se la cavava con tre anni. Ricordiamocelo. Tante società sono passate attraverso comportamenti fondamentalisti». FC

© Il Notiziario di Cortina, 2006

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