Ha ragione Antonio Polito quando dice che in fondo il fenomeno del grillismo è una partita interna alla sinistra. Un gentiluomo del riformismo come lui evidenzia una cosa fondamentale della politica italiana, che la partita si gioca tutta tra riforma e rivoluzione, tra cambiamento e distruzione nichilista. La cosa ovvia è che in questo blog si tifa per il primo e si teme la seconda. La cosa meno ovvia è che su questo crinale il nostro Paese balla pericolosamente da quando è nato.
Il fascismo è stato il primo episodio della rivoluzione, intesa come condizione di non accettazione della rimediabilità del presente, di incapacità di modificarlo venendo a patti con le sue regole di funzionamento - cioè la democrazia. Si smonta tutto e si rifà. In questo senso va capito l'accostamento dei grillini al fascismo. Non si potrebbe certo definire il fascismo in toto come di sinistra, ma è vero che esso ha avuto un'ala rivoluzionaria che più strenuamente si è opposta a che il movimento venisse a patti con i poteri tradizionali (monarchia, grande finanza, movimento cattolico) ma anche con lo spirito borghese, e con l'indole pigra, passiva e in fondo tollerante dell'Italiano medio, col suo spirito di adattamento morbido alla realtà.
La carica rivoluzionaria è poi transitata per il P.C.I. (non a caso terra promessa di tanti transfughi fascisti di sinistra), ma anche per buona parte dell'M.S.I. (più Rauti che Almirante), per un certo socialismo di sinistra, e perché no, in modo certo molto diverso anche per Giannini e il suo Uomo qualunque. Tutte queste componenti avevano in comune una sfiducia di fondo nei confronti dell'uomo e del cittadino e quindi una pulsione rivoluzionaria. Come possa manifestarsi in movimenti così diversi, ci si chiederà. Non c'è da stupirsene: si pensi a Paolo Flores d'Arcais, che vuole la rivoluzione ma la vuole liberale, anche se rimpiange il Partito Comunista d'antan e giudica spazzatura il craxismo... O a Mani Pulite che andava da un cattolico di sinistra, intransigente, moralista, come Caselli, ad un gendarme come Di Pietro, ad un capopopolo come Bossi.
Grillo è l'ultima puntata della vicenda rivoluzionaria. Inutile ripetere che ogni rivoluzione ha in sé i germi del nuovo regime da instaurare, che ciò che la distingue dalla semplice rivolta è il carattere di attesa messianica di un nuovo ordine, di nuove regole da scrivere e quindi di nuove gerarchie - e che quindi non esistono i corrotti dal potere ed i puri, poiché essi il potere lo dovranno toccare e quindi sporcarsi. E si torna daccapo.
E' vero comunque che la partita è interna alla sinistra, che ogni volta che si trova ad affrontare delle sfide per quanto timide di rinnovamento (1989-92 col crollo del muro e la sfida portata dal riformismo craxiano, 1999-2002 col governo D'Alema e poi il movimento dei girotondi, 2006-07 con l'opzione aperta dal Partito Democratico, per quanto scialba) si trova con il pesante fardello dei rivoluzionari, degli oltranzisti che scalpitano, strepitano, reclamano, e in qualche caso purtroppo ottengono. Fino a quando?
Thursday, September 20, 2007
Grillo, la sinistra e l'eterna rivoluzione
Pubblicato da francesco c. a 1:02 AM
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3 comments:
bene, bravo, bis!
io ho paura di commentare perchè nn vorrei dire una cosa troppa stupida che poi abbassi il livello di questo blog serio..xo questo basta come commento no?!...
saluti! e viva walter!
...il soccorso amicale... :D
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